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Esa riscrive la storia delle prime stelle, sono più giovani di quanto si pensava

31 agosto 2016 | 17.37
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Foto ESA
Foto ESA

Le prime stelle dell’universo sono più 'giovani' di quanto si pensasse perchè si sono accese, cioè si sono formate quando, dal Big Bang, erano già trascorsi molti più anni di quelli indicati dalle precedenti osservazioni della radiazione di fondo cosmico. A riscrivere la storia delle prime stelle è stato telescopio spaziale Planck dell’Agenzia Spaziale Europea e dalla nuova analisi emerge anche che queste stelle primordiali sono sufficienti a rendere conto del processo noto come 'reionizzazione', completato per metà quando l’Universo aveva 700 milioni di anni.

Quando si 'accesero' le prime stelle ed in che modo e in quale epoca avvenne la cosiddetta 'reionizzazione' dell’universo, sono due domande fondamentali - e inestricabilmente connesse secondo gli scienziati - della cosmologia contemporanea, per le quali si sta ancora cercando una risposta definitiva. Risposta che sembra ora arrivare con precisione senza precedenti dalle osservazioni del telescopio spaziale Planck dell’Esa. A riferirlo sono l'Agenzia Spaziale Italiana e l’Istituto Nazionale di Astrofisica che rappresentano l'Italia nel programma del telescopio spaziale Planck con un contribuito rilevante.

Per comprendere cosa hanno scoperto di nuovo gli scienziati nei dati di Planck occorre però un lungo passo indietro, a quando ancora l’universo non era popolato - com’è ora - da una moltitudine di stelle e galassie. Partiamo dunque dall’inizio, o quasi: 13.8 miliardi di anni fa, a una manciata di secondi dal Big Bang, l’universo altro non era se non un caldo e denso brodo primordiale di particelle. Per lo più elettroni, protoni, neutrini e fotoni dette le 'particelle' di luce. Così denso da comportarsi come una nebbia impenetrabile e opaca, dove le particelle di luce non riuscivano a muoversi senza entrare subito in collisione con gli elettroni.

La prima svolta, ricordano gli scienziati di Asi e Inaf, avviene dopo circa 380 mila anni, quando, essendosi raffreddato e rarefatto a sufficienza, l’universo diventa finalmente 'trasparente': le collisioni tra particelle si fanno sporadiche e i fotoni possono per la prima volta viaggiare liberi attraverso il cosmo, dando origine a quella 'luce fossile' - la radiazione cosmica di fondo a microonde, o Cmb - osservata oggi, a distanza di miliardi di anni, da telescopi come Planck. Quando, dopo alcune centinaia di milioni di anni, quegli atomi cominciano ad assemblarsi fra loro dando origine alla prima generazione di stelle dell’universo, ecco infatti che la luce di quelle stesse stelle finisce per separare di nuovo gli atomi neutri nelle particelle di cui sono fatti: elettroni e protoni.

È quella che gli scienziati chiamano l’epoca della reionizzazione. Ma quali sono, esattamente, i confini temporali di questo processo? Le osservazioni di galassie distanti, quelle con al proprio centro un buco nero supermassiccio, mostrano che all’età di 900 milioni di anni l’universo era già stato completamente reionizzato. Non c’è invece accordo, evidenziano Asi e Inaf, sul momento di partenza, assai più difficile da determinare. Ed è qui che entra in gioco lo studio della radiazione cosmica di fondo. "La Cmb ci può dire quando ebbe inizio l’epoca della reionizzazione -spiega infatti Jan Tauber, project scientist di Planck all’Esa- e quando si formarono le prime stelle nell’Universo". Che età aveva, dunque, l’universo quando cominciò a reionizzarsi? Una prima stima della Nasa indicava nel 2003 attorno ai 200 milioni di anni dopo il Big Bang.

Ma ecco che, analizzando le prime mappe della polarizzazione del fondo cosmico prodotte dalla collaborazione Planck, l’epoca della reionizzazione è stata ulteriormente posticipata. "Già durante la conferenza di Ferrara, nel dicembre 2014 -ricorda Reno Mandolesi, associato Inaf, responsabile dello strumento LFI di Planck ed ex componente del CdA dell’Asi- gli straordinari risultati della mappa di polarizzazione della Cmb misurata dallo strumento LFI avevano mostrato che la fine dell’età oscura era avvenuta quando l’universo aveva circa 550 milioni di anni e l’accensione delle prime stelle era la sola responsabile della reionizzazione, senza la necessità di dover ricorrere a sorgenti di energia ignota introdotte ad hoc". "Il prossimo anno rilasceremo pubblicamente i dati e le mappe finali di Planck, per far sì che ogni cosmologo o astrofisico, anche al di fuori del Consorzio Planck, possa usarli per arrivare sperabilmente a nuovi importanti risultati" annuncia Mandolesi.

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