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Assisi, Descalzi: "Senza sviluppo reale non ci può essere pace"

19 settembre 2016 | 18.57
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Claudio Descalzi (Fotogramma)
Claudio Descalzi (Fotogramma)

"La sete di pace è sete di sviluppo, senza sviluppo reale non ci può essere pace". E' quanto ha sostenuto l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, intervenuto al panel 'La casa comune, nostra madre terra', nell'ambito del meeting 'Sete di Pace', iniziato ieri ad Assisi, a cui domani prenderà parte anche il Papa.

Parlando dell'attuale modello di sviluppo capitalistico, Descalzi ha spiegato: "Questo modello ha creato isole e barriere", non solo, "ha fallito nell'ottica di aver creato profitto senza creare valore, con una esasperazione del profitto che poi ha avuto una degenerazione con la speculazione finanziaria, che non crea posti di lavoro ma sfrutta ed enfatizza".

Per l'amministratore delegato di Eni, si deve dunque "distinguere chi crea valore producendo e occupando", da chi "non crea nessun valore ma solo profitto speculando su persone e attività", e questo "è sicuramente il male del nostro tempo". "Se c'è ricchezza e di dieci persone è ricco uno solo – ha aggiunto - non va bene. Perché lo sviluppo dell'altro è il mio futuro. Se noi pensiamo di isolarci, ma il 90% di persone intorno a noi non ha futuro, non lo abbiamo più nel momento in cui lo pensiamo. E' cieco chi pensa di poter vivere alimentandosi di se stesso. E, se non riconosciamo chi è diverso da noi distruggiamo lo sviluppo. Perché distruggiamo potenziali talenti che poi sono il pane di sviluppo futuro".

"Quello che dobbiamo adottare è il modello di decrescita. Il paradigma è essere un po' più deboli per essere un po più forti, guadagnando un po' meno, ma essere più forti, decelerare per redistribuire. Nel momento in cui do di più a qualcun altro, do di più a me stesso", ha spiegato ancora Descalzi.

"Un mondo – ha aggiunto - che pensa di poter avere tutta l'energia del mondo e non la sviluppa là dove c'è, è il problema dei problemi". "Queste – ha detto poi - sono solo parole, ma dobbiamo fare i fatti, e allora parlerò dell' Africa. Noi siamo arrivati in Africa per ultimi, c'erano poteri consolidati coloniali, noi invece non avevamo dietro nessuno, e abbiamo detto 'questa debolezza è stata la nostra forza'. Essendo deboli ci siamo fatti riconoscere".

"Per farlo - ha spiegato - devi dare non chiedere, e quindi, invece di sfruttare energie per esportarle, abbiamo iniziato a cercarle per utilizzarle in Africa. Abbiamo investito circa 2 miliardi di dollari per creare centrali elettriche, abbiamo usato il gas prodotto, invece di esportarlo abbiamo creato un valore e adesso diamo energia a circa 18 milioni di persone, ma è un esempio di creazione valore che ti fa essere parte di dove vivi e sviluppare risorse di quei paesi e per quei paesi. Questo concetto di decrescita - ha concluso - alla lunga fa crescere anche noi stessi".

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