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Terrorismo: 'datemi le armi e colpirò l'Italia', un arresto a Milano

05 dicembre 2016 | 18.46
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Terrorismo: 'datemi le armi e colpirò l'Italia', un arresto a Milano

Nadir Ben Chorfi, 30enne marocchino, fermato venerdì a Milano con l'accusa di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale, aveva giurato al suo contatto in Siria la disponibilità a compiere un attentato in Italia. E' quanto emerge nell'ultima indagine che gli uomini della Digos hanno messo a segno contro il terrorismo islamico. L'inchiesta, "iniziata nel settembre scorso - svela il capo della Digos milanese, Claudio Ciccimarra -, grazie a una notizia confidenziale poi confermata dai servizi esteri, ha permesso di ricostruire il ruolo dell'indagato: non solo affiliato allo Stato islamico ma anche finanziatore".

In particolare il 30enne, aiuto cuoco in uno dei ristoranti all'interno del centro commerciale di Arese, attraverso sistemi di messaggisti istantanea ma anche di più sofisticati protocolli di comunicazione cifrati, avrebbe contattato con frequenza un uomo che vive nel territorio del sedicente Stato islamico in Siria.

"Invitato più volte a colpire l'Italia - spiega Ciccimarra -, il 30enne ha espresso la sua disponibilità, chiedendo però l'invio di armi o piuttosto di qualcuno che gli desse una mano ad agire", tuttavia "non è possibile indicare eventuali obiettivi: l'idea che potesse agire in grandi magazzini (visto il luogo in cui lavorava, ndr) è priva di riscontro". Nell'appartamento in via Tracia, in zona San Siro, dove è stato arrestato - il coinquilino è risultato estraneo ai fatti - i poliziotti hanno sequestrato documenti e video di propaganda a favore del Califfato. Non solo: il giovane avrebbe anche finanziato lo Stato islamico inviando circa 6mila euro ad alcuni combattenti.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Nadir Ben Chorfi in più occasioni avrebbe inviato denaro a foreign fighters pronti a sostenere la lotta per il Califfato. "L'indagato -sottolinea il capo della Digos milanese- ha auto informazioni dalla Siria per effettuare numerose rimesse di denaro - ad esempio in Palestina, Turchia e Algeria -", da pochi euro a qualche centinaio, "per un totale di 6mila euro" per coprire le spese di chi combatte per la jihad. Soldi che "ha versato in più occasioni, anche di recente".

La figura che emerge nell'indagine è quella di un giovane integrato: sconosciuto alle forze dell'ordine, Nadir Ben Chorfi arriva in Italia all'età di 12 anni, dopo la morte della madre. Insieme al padre risiede in provincia di Varese, fino a quando il loro rapporto conflittuale lo porta a chiedere di essere accolto in una comunità, interrompendo i rapporti con il genitore e la sua nuova famiglia.

Nel 2007 va a vivere a Milano fino al 2012 quando si trasferisce per lavoro in Germania: è qui che entra in contatto con una cellula tedesca vicina al Califfato - 25 le persone che conosce che lasciano il paese per andare in Siria a combattere -. Viene indottrinato e spinto più volte a entrare in azione. Quando nel 2014 ritorna in Italia il legame con alcune persone di quell'area resta ben stabile, fino al fermo emesso dal gip Teresa De Pascale, su richiesta del pm Enrico Pavone.

Sentito dal pubblico ministero "giustifica questi contatti con la paura di subire ripercussioni da parte del sedicente Stato islamico", ma si contraddice quando resta da solo e contatta gli 'amici' in Siria "manifestando la sua preoccupazione per l'imminente arresto e ipotizzando la fuga dall'Italia", evidenzia il capo della Digos. Ipotesi che fa scattare il fermo, convalidato ieri. Per il 30enne si sono aperte le porte del carcere di San Vittore.

Il questore di Milano, Antonio De Iesu, è soddisfatto per "l'attività di contrasto al terrorismo internazionale" messo in atto dagli uomini della Digos che ha portato al fermo di Nadir Ben Chorfi, il quale "potenzialmente avrebbe potuto mettere in atto azioni violente in Italia".

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