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Papa alla Curia romana: "Riforma non è lifting, resistenze malevole"

22 dicembre 2016 | 12.15
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(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

"Cari fratelli, non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie!". Lo dice forte e chiaro Papa Francesco nel discorso alla Curia romana riunita nella Sala Clementina per gli auguri di Natale. "Essendo la Curia non un apparato immobile, la riforma è anzitutto segno della vivacità della Chiesa in cammino, in pellegrinaggio, e della Chiesa vivente e per questo semper reformanda, reformanda perché è viva. E’ necessario ribadire con forza che la riforma non è fine a sé stessa, ma è un processo di crescita e soprattutto di conversione. La riforma, per questo, non ha un fine estetico, quasi si voglia rendere più bella la Curia; né può essere intesa come una sorta di lifting, di maquillage oppure di trucco per abbellire l’anziano corpo curiale, e nemmeno come una operazione di chirurgia plastica per togliere le rughe".

"In questa prospettiva, - avverte il Papa - occorre rilevare che la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con “nuovi” uomini. Non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente. La riforma della Curia non si attua in nessun modo con il cambiamento delle persone - che senz’altro avviene e avverrà - ma con la conversione nelle persone. In realtà, non basta una formazione permanente, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente. Senza un mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano".

Il Papa mette in guardia dalle tante resistenze: "In questo percorso risulta normale, anzi salutare, riscontrare delle difficoltà, che, nel caso della riforma, si potrebbero presentare in diverse tipologie di resistenze: le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del 'gattopardismo' spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima; esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso 'in veste di agnelli')".

Quest'ultimo tipo di resistenza "si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione".

Dice il Papa che "non v’è dubbio che nella Curia il significato della riforma può essere duplice: anzitutto renderla con-forme alla Buona Novella che deve essere proclamata gioiosamente e coraggiosamente a tutti, specialmente ai poveri, agli ultimi e agli scartati; con-forme ai segni del nostro tempo e a tutto ciò che di buono l’uomo ha raggiunto, per meglio andare incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che siamo chiamati a servire".

"Al tempo stesso - osserva Francesco - si tratta di rendere la Curia più con-forme al suo fine, che è quello di collaborare al ministero proprio del Successore di Pietro, quindi di sostenere il Romano Pontefice nell’esercizio della sua potestà singolare, ordinaria, piena, suprema, immediata e universale". Di conseguenza, avverte Bergoglio, "la riforma della Curia Romana è ecclesiologicamente orientata in bonum e in servitium, come lo è il servizio del Vescovo di Roma".

Papa Francesco spiega in dodici punti come dovrà essere attuata la riforma della Curia e li declina uno ad uno: "Individualità; pastoralità; missionarietà; razionalità; funzionalità; modernità; sobrietà; sussidiarietà; sinodalità; cattolicità; professionalità; gradualità". Al capitolo legato alla 'professionalità', Bergoglio dice: "E' indispensabile l'archiviazione definitiva della pratica del 'promoveatur ut amoveatur'", "un cancro!", aggiunge a braccio.

"Il mondo è stanco e sfinito perché fa a gara a chi è il più grande - dice il Papa dopo aver elencato le tappe della riforma - C’è una concorrenza spietata tra governi, tra chiese, tra popoli, all'interno delle famiglie, tra una parrocchia e un'altra: chi è il più grande tra di noi? Il mondo è piagato da ferite dolorose perché il suo grande morbo è: chi è il più grande?". E dopo aver ricordato quanto sino ad ora sia già stato fatto, conclude "semplicemente con una parola e con una preghiera. La parola è quella di ribadire che il Natale è la festa dell’umiltà amante di Dio. La preghiera è l’invocazione natalizia di Padre Matta el Meskin (monaco contemporaneo)".

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