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La sentenza

Cassazione: legittimo licenziare se azienda vuole aumentare i profitti

29 dicembre 2016 | 16.47
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Foto di repertorio (Fotogramma)
Foto di repertorio (Fotogramma)

Un datore di lavoro può licenziare, non solo se in difficoltà economiche ma anche per rendere più efficiente e funzionale la gestione dell'azienda. E' quanto stabilito da una recente sentenza della Cassazione (7 dicembre 2016), dopo due sentenze tra di loro in contrasto: nel primo caso il licenziamento era stato giudicato legittimo, nel ricorso invece no.

Sentenza in cui si invoca l'art. 41 della Costituzione letto come "quel principio per cui l'imprenditore è libero, pur nel rispetto della legge, di assumere quelle decisioni atte a rendere più funzionale ed efficiente la propria azienda, senza che il giudice possa entrare nel merito della decisione".

"Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della I. n. 604 del 1966 - si legge - l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro, tra le quali non è possibile escludere quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell'impresa, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa; ove però il licenziamento sia stato motivato richiamando l'esigenza di fare fronte a situazioni economiche sfavorevoli ovvero a spese notevoli di carattere straordinario ed in giudizio si accerti che la ragione indicata non sussiste, il recesso può risultare ingiustificato per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità e sulla pretestuosità della causale addotta dall'imprenditore".

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