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Aguzzino e stupratore in Libia, arrestato in un centro profughi a Milano

17 gennaio 2017 | 19.23
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Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

Si era nascosto in Italia nell'hub milanese di accoglienza profughi di via Sammartini O.M., il somalo trafficante di uomini accusato di essere l'aguzzino in un campo di migranti in Libia, ma alcune sue vittime l'avrebbero riconosciuto avviando le indagini che l'hanno portato ad arrestarlo e a indentificarlo come il responsabile di stupri, torture e omicidi. Tutti fatti che sarebbero avvenuti nel campo libico della città di Bani Walid, ai danni di cittadini somali in attesa di tentare il passaggio in Italia. Il fermo è avvenuto lo scorso settembre da parte della polizia locale milanese quando il somalo, di 22 anni, ha rischiato il linciaggio da parte delle sue stesse vittime, inferocite dopo averlo riconosciuto.

''Questa operazione - dice all’Adnkronos il comandante della polizia locale Antonio Barbato - nasce dal controllo del territorio che è fondamentale. Ringrazio la Procura per la fiducia che ci ha concesso per poter sviluppare le indagini sotto la direzione del dottor Marcello Tatangelo''. Adesso un incidente probatorio il prossimo 20 gennaio metterà a confronto il carnefice e le persone che affermano di aver subito violenza.

Dalle indagini emergerebbe per M. un ruolo di organizzatore crudele di quei viaggi della speranza a bordo di barconi e carrette del mare per raggiungere le coste italiane. Stando alle ricostruzioni, cittadini somali venivano di fatto sequestrati in questo campo il cui responsabile sarebbe stato lo stesso M. Le persone, chiuse in un capannone sorvegliato da uomini armati, vi restavano anche mesi e comunque fino a quanto i familiari non riuscivano a versare la somma di 7000 dollari in contanti.

Come mezzi di pressione, stando alle indagini, le persone venivano quotidianamente picchiate con pugni, calci, bastoni e spranghe di ferro. Ma non solo. Gli uomini di M. avrebbero incendiato sacchetti di plastica sulla schiena delle vittime facendo colare la plastica liquefatta sul corpo. E ancora: ''M. - si sottolinea nell'ordinanza - ogni giorno prelevava cittadini di sesso maschile per portarli in una vera e propria stanza delle torture'' dove non venivano lesinati ''scariche elettriche, frustate, colpi di bastone e di spranghe di ferro'' oppure venivano lasciati ''per ore disidratati sotto il sole''. E le donne ''venivano portate nell'appartamento di M. ''ove le ragazze anche di minore età venivano sottoposte a gravissime violenze sessuali''.

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