Se fossero state adottate da parte della Bonatti di Parma idonee misure di sicurezza forse si sarebbe potuto evitare il sequestro, in Libia, il 19 luglio 2015, di 4 tecnici italiani dipendenti della società e si sarebbe impedito che due di loro, Salvatore Failla e Fausto Piano, il successivo 2 marzo, morissero mentre venivano trasferiti. Sulla base di questa considerazione la procura di Roma aprì un fascicolo di indagine, che ora è stato chiuso e che vede sei indagati, tra cui la stessa Bonatti. Cooperazione colposa nel delitto doloso è il reato contestato agli indagati dal pm Sergio Colaiocco.
"Ogni volta che salta fuori una nuova notizia il dolore si rafforza. Ringrazio i magistrati, che stanno facendo un ottimo lavoro, ma le indagini per me sono a metà - dice all'AdnKronos Rosalba Failla, vedova di Salvatore - Si sta lavorando solo su una parte di verità perché non è possibile solo indagare sulla ditta. Occorre svelare le responsabilità interne alle Istituzioni".
"Cosa ha fatto il governo per riportare a casa mio marito? Credo che si stiano coprendo delle colpe istituzionali perché lo Stato è responsabile della morte di mio marito - afferma la vedova Failla - Il governo sapeva dove era Salvo, l'ex premier ha autorizzato un bombardamento in quel posto incurante del fatto che la vita di mio marito era proprio nelle mani dello Stato italiano".
"Oggi provo una rabbia indescrivibile. Per otto mesi non ho perso la speranza di riabbracciarlo e invece lo Stato non ha fatto nulla per riportarlo a casa sano e salvo. Oggi sta emergendo una parte della verità, l'inizio della verità, ma questa parte non mi basta. Chi ha sbagliato deve pagare per la morte di mio marito" conclude Rosalba Failla.
