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Massacrato dal branco ad Alatri, 2 fermi: "La lite nata per una bevanda"

28 marzo 2017 | 08.46
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Emanuele Morganti (Foto dal suo profilo Facebook/Fotogramma)
Emanuele Morganti (Foto dal suo profilo Facebook/Fotogramma)

Due persone sono in stato di fermo per il pestaggio e l'omicidio di Emanuele Morganti, il ragazzo 20enne picchiato fuori da un locale ad Alatri, in provincia di Frosinone, e morto dopo due giorni di agonia. Nella notte i carabinieri della Compagnia di Alatri hanno effettuato i due fermi.

La ragazza disperata su Facebook

"L'analisi congiunta delle diverse dichiarazioni ha portato a individuare indizi gravi, univoci, concreti nei confronti dei due fermati nella notte a Roma", ha affermato il procuratore capo di Frosinone, Giuseppe De Falco, in una conferenza stampa facendo il punto sulle indagini dell'omicidio di Emanuele. I due, di 24 e 27 anni, "avrebbero attuato la condotta violenta nella fase terminale degli eventi, che ha determinato l'esito letale". De Falco ha poi precisato che i due sono stati trovati dai Carabinieri a Roma, nell'abitazione di una parente e che non sono state trovate armi o corpi contundenti in loro possesso. "Ai due al momento - ha aggiunto il procuratore capo - è contestato l'omicidio volontario per motivi futili. In merito alla convalida: spetta al gip della capitale, dove è avvenuto il fermo".

In totale, compresi i due fermati che sono stati portati al carcere di Regina Coeli, gli indagati per l'omicidio di Emanuele sono sette. Ai cinque rimasti a piede libero è stato contestato solo il reato di rissa.

"La vicenda è di una gravità spaventosa, perché per futili, banali motivi come quelli che hanno originato il tutto si è arrivati alla drammatica morte di un ragazzo innocente e di una persona assolutamente per bene", ha proseguito. "All'interno del locale c'era un gran numero di persone - ha spiegato De Falco -, c'è stato un banalissimo diverbio tra Emanuele e un'altra persona erroneamente indicata come albanese, circostanza non vera che poi ha originato una serie di equivoci. La lite sarebbe nata dal pagamento di una bevanda, determinata anche dallo stato di alterazione da alcol, non di Emanuele, che poi è stato portato fuori dal personale del locale mentre la persona da cui è nato il diverbio è rimasta all'interno e non ha preso parte all'aggressione".

"Una volta fuori - ha aggiunto il procuratore capo - nell'immediatezza del locale, c'è stata un'aggressione da parte di diverse persone, delle quali ora è in corso l'identificazione e con modalità diverse le une dalle altre. Emanuele ha cercato di allontanarsi, ma è stato seguito, e una volta tornato sui suoi passi forse per riprendere la ragazza è stato aggredito con forza e intensità diverse. Quella letale è stata l'ultima, determinando importanti lesioni al cranio e poi la morte".

"Sono state sentite alcune decine di persone, le cui dichiarazioni non sono sempre coincidenti e chiare: è stato ed è tuttora complicato ricostruire il comportamento di ciascuna delle persone coinvolte", ha poi sottolineato De Falco aggiungendo che "la non integrale congruenza e chiarezza delle dichiarazioni potrebbe essere determinata in alcuni limitati casi da motivazioni riconducibili a reticenza o addirittura omertà, in altri casi magari dalla suggestione e dalla confusione, che comprensibilmente possono aver determinato dei ricordi e dei racconti non del tutto attendibili".

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