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Terremoti, satelliti scoprono movimenti faglie che non producono sismi

12 aprile 2017 | 17.19
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Mappa della velocità di deformazione del suolo nella zona del Pollino (Foto Ufficio stampa Ingv-Cnr)
Mappa della velocità di deformazione del suolo nella zona del Pollino (Foto Ufficio stampa Ingv-Cnr)

Le faglie possono muoversi anche senza produrre terremoti. A rivelarlo sono stati i radar a bordo di satelliti Cosmo SkyMed dell'Asi e Gps della rete Ring dell’Ingv che hanno rilevato scorrimenti di faglie asismici. Durante la lunga sequenza sismica che ha interessato il Pollino dal 2010 al 2014, non si sono infatti verificati solo terremoti ma anche dei lenti e continui scorrimenti di faglie privi di attività sismica. A scoprirlo per la prima volta è stato un team di ricercatori italiani di Ingv e Cnr, in collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, in uno studio che è stato appena pubblicato sulla rivista "Scientific Reports di Nature".

I risultati della ricerca prodotti dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dall'Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell'ambiente Irea-Cnr, gettano, secondo gli scienziati, una nuova luce sulla sismicità in epoca storica nell’area del Pollino. "Negli ultimi anni -spiega Daniele Cheloni, ricercatore Ingv e primo autore del lavoro- è stato evidenziato che le sequenze sismiche di terremoti di bassa magnitudo sono spesso accompagnate da scorrimenti asismici, anche se la mancanza di un numero sufficiente di misure di deformazione del suolo durante tali sequenze ha impedito, finora, la verifica di questa ipotesi nell’area italiana".

I terremoti, come è noto, ricordano i ricercatori, "sono causati da movimenti di faglie, cioè di fratture della crosta terrestre, che avvengono molto rapidamente: in pochi secondi. In altri casi, le stesse faglie possono muoversi lentamente, nell’arco di settimane o mesi, senza generare terremoti cioè a scorrimento asismico".

Per dimostrare la presenza contemporanea di attività sismica e di movimenti asismici, i ricercatori si sono affidati ai dati delle stazioni Gps, costellazione di satelliti del Global Positioning System, della rete Ring dell’Ingv. Le stazioni sono state installate nel 2011 nell’ambito di un progetto Ingv di studio della deformazione tettonica nell’area del Pollino. A questi dati, sono state affiancate le immagini radar raccolte dai satelliti Cosmo-SkyMed dell’Agenzia spaziale italiana, fornite nell'ambito dell'iniziativa Asi Open Call Cosmo-SkyMed.

"I dati satellitari a nostra disposizione -riferisce Eugenio Sansosti primo ricercatore Irea-Cnr- hanno garantito un elevato dettaglio nello spazio e nel tempo inimmaginabile con altri sensori, permettendoci di misurare deformazioni del suolo anche molto piccole e lente, come quelle legate agli scorrimenti asismici". Ciò è stato possibile, riferisce, "anche grazie alla intensificazione delle acquisizioni satellitari sull’area del Pollino messa in atto dall’Asi, su indicazione della Protezione civile, durante la sequenza sismica".

Secondo gli studiosi, i dati ottenuti "sono importanti per la comprensione della sismicità nell’area del Pollino". Le testimonianze storiche degli ultimi secoli, osservano, non mostrano evidenze di eventi sismici significativi che invece interessano le aree adiacenti dell’Appenino e della Calabria. "Il movimento asismico contribuisce al rilascio di una parte della deformazione tettonica che verrebbe altrimenti rilasciata dai terremoti. Questo -afferma Nicola D’Agostino, primo ricercatore dell’Ingv e coordinatore della ricerca- può spiegare perché, rispetto al resto dell’Appennino, i terremoti di magnitudo più elevata sono relativamente meno frequenti nell’area del Pollino". "Ulteriori progressi nella comprensione dei fenomeni sismogenetici nell’area italiana non possono prescindere dai sistemi osservativi come la rete Gps Ring, la missione Cosmo-SkyMed e la Rete sismica nazionale" chiarisce infine lo scienziato.

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