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Caso Stamina, tutto inizia nel 2011

26 aprile 2017 | 12.15
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Il caso Stamina entra nel vivo nel 2011. E' in quell'anno che il controverso metodo messo a punto da Davide Vannoni per trattare pazienti, in particolare bambini, con gravissime malattie e senza alternative arriva agli Spedali Civili di Brescia, struttura del servizio sanitario nazionale.

La vicenda del trattamento con terapia cellulare a uso compassionevole prodotta da Stamina Foundation ha però origini più lontane: nel 2007, in un 'sottoscala' di Torino, con tappe successive a San Marino e all'Irccs Burlo Garofolo di Trieste.

La direzione degli Spedali Civili di Brescia era venuta a conoscenza della possibilità di tale trattamento con la collaborazione di Stamina Foundation attraverso i sanitari dell'ospedale che avevano a loro volta avuto contatti con la Regione.

Il 28 settembre 2011 viene sottoscritto l'accordo di collaborazione definitivo fra il presidente della Stamina Foundation onlus, Davide Vannoni, e il direttore generale degli Spedali Civili di Brescia di allora. Da ottobre 2011 ad aprile 2012 vengono avviati al trattamento 12 pazienti, 4 bambini e 8 adulti. Nel maggio 2012 l'Agenzia italiana del farmaco accerta, con un'ispezione insieme ai carabinieri del Nas, che a Brescia vengono effettuate terapie con medicinali a base di cellule staminali mesenchimali, preparati secondo il metodo della Stamina Foundation in un laboratorio dello stesso ospedale, non autorizzato alla produzione di tale tipologia di medicinali.

Nello stesso mese, un'ordinanza Aifa vieta la somministrazione delle staminali. Nel luglio 2012, l'ordinanza dell'Aifa è stata impugnata dinanzi al Tar della Lombardia con ricorsi separati sia dagli Spedali Civili di Brescia, sia da alcuni genitori dei piccoli pazienti congiuntamente alla Fondazione Stamina Foundation. Il Tar ha respinto la domanda di sospensione cautelare presentata contestualmente al ricorso dei genitori e della Fondazione Stamina.

A marzo 2013, dopo che la stampa dedica ampio spazio alle storie di pazienti 'simbolo' come la piccola Sofia o Celeste, arriva il decreto legge Balduzzi, che intende assicurare una parità di trattamento tra tutti coloro che hanno avviato il protocollo all'ospedale di Brescia, consentendone la conclusione e prevedendo un monitoraggio clinico.

Si istituisce inoltre una precisa procedura di valutazione degli esiti del loro impiego, da affidare a competenti istituzioni tecniche sanitarie. Durante l'esame al Senato, all'articolo 2 viene approvato all'unanimità un emendamento che prevede una specifica sperimentazione (allargata quindi anche a casi non oggetto di provvedimento dell'autorità giudiziaria) di impiego di medicinali per terapie avanzate preparati su base non ripetitiva con uso di cellule staminali mesenchimali: l'unico, a quel momento, è il metodo Stamina.

Il caso diventa di rilevanza internazionale e scienziati italiani e stranieri esprimono un giudizio decisamente negativo su tale emendamento in quanto, così facendo, l'Italia rischia di eliminare drasticamente tutte le regole scientifiche che invece sono state sempre ritenute necessarie.

Il 2 maggio 2013 il ministro Beatrice Lorenzin, a quattro giorni dall'inizio del suo mandato, convoca una prima riunione su Stamina con rappresentanti di ministero, Aifa, Istituto superiore di sanità, Centro nazionale trapianti, Gabinetto e segreteria scientifica dell'ex ministro Balduzzi per essere informata sullo stato della terapia, sulla normativa esistente e sull'iter fin qui seguito dal governo precedente.

Il 15 maggio la Camera approva l'emendamento al decreto legge 25/3/2103 n. 24, che prevede l'avvio della sperimentazione clinica e il 18 giugno Lorenzin firma un decreto ministeriale che dà concretamente il via libera. Si stabilisce che Stamina predisporrà una versione il più dettagliata possibile del metodo di preparazione del prodotto di terapia cellulare. La standardizzazione del processo di preparazione, infatti, rappresenta l'unico strumento che possa garantire la riproducibilità del metodo, e quindi il suo impiego nell'ambito di una sperimentazione clinica.

Si concorda che la valutazione del metodo sarà affidata a un Comitato scientifico con esperti nominati dal ministro il primo luglio 2013. Ma fino al primo agosto Vannoni non consegna la metodica di preparazione del cosiddetto metodo Stamina. Il 12 settembre c'à l'invio ufficiale della relazione al ministro da parte del Comitato scientifico che è giunto alle proprie conclusioni: il parere sul metodo è negativo.

Dopo aver richiesto un parere all'Avvocatura generale dello Stato, a ottobre il ministro della Salute annuncia l'impossibilità di proseguire la sperimentazione. Ma non sono cessate le polemiche e le proteste da parte dei familiari dei malati che chiedono di poter accedere alla cura Stamina: Roma diventa teatro di grandi manifestazioni delle associazioni 'pro-Stamina', capeggiate dai fratelli Biviano, che organizzano una protesta choc in cui si dissanguano sulle foto di Giorgio Napolitano, Enrico Letta e Beatrice Lorenzin.

A dicembre 2013 il Tar del Lazio 'boccia' il parere della prima commissione, accogliendo il ricorso di Davide Vannoni. Il ministro Lorenzin nomina dunque un nuovo comitato per la valutazione del metodo Stamina, presieduto da Mauro Ferrari. Nulla di fatto. La composizione del board di esperti cambierà in seguito alle critiche mosse ad alcuni membri che si erano pronunciati sulla metodica Stamina.

Intanto, il Senato avvia un'indagine conoscitiva sul caso, con audizioni di rappresentanti di tutte le istituzioni e le associazioni coinvolte. Poi, il 23 aprile 2014 Davide Vannoni e altre persone coinvolte nella vicenda vengono rinviati a giudizio.

A marzo 2015 si chiude con il patteggiamento di Vannoni a un anno e 10 mesi il processo torinese.

A ottobre 2015, infine, la Corte di Cassazione - che nei giorni precedenti ha reso definitiva la condanna a un anno e 10 mesi patteggiata da Vannoni nel processo che si è svolto a Torino - decide che l'ideatore del metodo Stamina deve pagare mille euro alla Cassa delle ammende.

Vannoni aveva infatti presentato ricorso ai supremi giudici, ma lo aveva poi ritirato. La Cassazione, prendendo atto dalla rinuncia, ha però stabilito che oltre alle spese legali, ''ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità'', Vannoni dovrà pagare anche un'ammenda di mille euro.

Oggi, il nuovo capitolo: Davide Vannoni viene arrestato dai carabinieri del Nas. A confermare lo stato di fermo il suo legale, Liborio Cataliotti, che precisato che è stato il suo stesso assistito ad informarlo del nuovo provvedimento che sarebbe scattato per un pericolo di fuga.

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