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Migranti e soccorsi, MSF spiega come funziona

06 maggio 2017 | 06.58
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La VOS Prudence di 'Medecins Sans Frontieres' (MSF)   nel porto di Catania (AFP PHOTO) - (AFP PHOTO)
La VOS Prudence di 'Medecins Sans Frontieres' (MSF) nel porto di Catania (AFP PHOTO) - (AFP PHOTO)

Le navi di soccorso di 'Medici senza Frontiere' (MSF) non ricevono chiamate di soccorso dai trafficanti. "Se un barcone in difficoltà è avvistato da una delle nostre navi, noi informiamo innanzitutto la Guardia Costiera italiana che assume da quel momento il coordinamento del soccorso". E' quanto scrive chiaramente l'Ong sul proprio sito, dedicando una serie di domande e risposte alle operazioni di soccorso ai migranti. "Il Centro di Coordinamento della Guardia Costiera - si legge - decide quali navi nell'area sono meglio posizionate per offrire assistenza, coinvolgendo quando necessario mezzi propri, oppure di Frontex, di Eunavfor Med, della Marina Militare, delle Ong ovvero navi commerciali".

In questi giorni, sul tema si è scatenato un putiferio dopo le parole del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. Che, davanti alla Commissione Difesa del Senato, ha però aggiunto: "Non ho alcuna intenzione di fare di tutta l'erba un fascio. Ci sono organizzazioni che nel loro operato hanno dimostrato in maniera chiara e inequivocabile che operano per ragioni di solidarietà. 'Save the Children' e 'Medici senza Frontiere' non devono dimostrare a nessuno qual è il fine per il quale agiscono".

Intanto, per fare chiarezza - si legge anche sul profilo Facebook di 'MSF' - e "per fugare i dubbi sulla correttezza dell'operato di chi salva vite in mare e ribaltare tutte le false accuse", arrivano dall'Ong una serie di risposte.

- E' vero che siete un servizio taxi svolto con la complicità dei trafficanti? "'Medici senza Frontiere' non ha alcun contatto e non scambia informazioni con i network di trafficanti che operano in Libia o in altri Paesi. Tutti i salvataggi nel Mediterraneo sono realizzati in accordo con il Centro di Coordinamento della Guardia costiera italiana e nel pieno rispetto del diritto internazionale marittimo, delle norme europee e delle leggi italiane. Sono le competenti autorità italiane a definire quando e come MSF interviene a soccorso di un barcone in difficoltà e dove le persone salvate debbano essere sbarcate. Tutti gli uomini, le donne e i bambini soccorsi da MSF sono affidati alle autorità italiane ed europee di frontiera, nei porti di sbarco che ci vengono indicati".

E ancora: "In quanto organizzazione umanitaria, l’obiettivo delle nostre attività in mare è finalizzato solo ed esclusivamente al salvataggio delle persone. L'esistenza del business dei trafficanti è una conseguenza della mancata previsione di canali regolamentati che consentano ai rifugiati e ai migranti di raggiungere l’Europa in modo legale e sicuro. Solo colmando questa lacuna sarebbe possibile colpire in modo definitivo le reti di trafficanti e porre fine alle ingiustificate morti in mare".

- Come funzionano le operazioni in mare? "Come organizzazione medico-umanitaria, restare a osservare dalla riva migliaia di uomini, donne e bambini affogare in mare semplicemente non è un'opzione possibile. Il numero di persone che ogni anno perde la vita nel tentativo di raggiungere l'Europa è comparabile a quello che MSF osserva in contesti di guerra. Ecco perché, di fronte al fallimento delle istituzioni e dei governi europei nel ridurre il numero di morti in mare attraverso le operazioni di contrasto ai trafficanti e considerata la mancanza di operazioni di ricerca e soccorso dedicate e su vasta scala, abbiamo deciso di attivarci in prima persona" scrive 'Medici senza Frontiere'.

"Dall'inizio del nostro lavoro in mare - prosegue - siamo consapevoli di come le operazioni di ricerca e soccorso non costituiscano affatto una soluzione: solo l'istituzione di vie legali e sicure per raggiungere l'Europa potrebbe ridurre o eliminare del tutto le morti in mare. Eppure il soccorso in mare rimane oggi la sola misura concreta e alla nostra portata per salvare vite e contribuire a ridurre gli effetti mortali di politiche europee ciniche e disumane".

- Perché non riportate le persone indietro in Libia? "La Libia non è un luogo sicuro dove le persone soccorse in mare possano essere riportate. Le navi di soccorso sono legalmente obbligate a sbarcare le persone salvate in un posto sicuro. MSF lavora a stretto contatto con la Guardia Costiera italiana che è responsabile del coordinamento dei soccorsi in mare e che indica il porto sicuro dove effettuare lo sbarco. La Libia è un Paese frammentato da scontri che coinvolgono diverse fazioni. C’è insicurezza, collasso economico e una totale assenza di legge e ordine. I rifugiati e i richiedenti asilo non possono ricevere protezione per la mancanza di un sistema di asilo funzionante, un ruolo limitato da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e il fatto che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati" ricorda l'Ong.

"Pressoché tutti i migranti, richiedenti asilo e rifugiati che abbiamo incontrato nel Mediterraneo sono stati esposti a un allarmante livello di violenza e sfruttamento durante il loro soggiorno in Libia: rapimento per riscatto, lavoro forzato, violenza sessuale e prostituzione forzata, trattenimento o detenzione indefinita e arbitraria. Abbiamo assistito numerose donne incinte dopo aver subito uno stupro o persone con ossa rotte, ferite infette o altri segni di percosse o abusi. Non possiamo riportare persone in un luogo dove sono a rischio di subire tutto questo".

- Perché non portate le persone a Malta o in Tunisia? "Non è MSF a scegliere dove sbarcare le persone: gestiamo i soccorsi sotto lo stretto coordinamento del Centro di Coordinamento dei Soccorsi della Guardia Costiera italiana e sono le autorità italiane a indicare il porto sicuro di destinazione. In ogni caso, dal nostro punto di vista la Tunisia non costituisce un'opzione possibile. In mancanza di una legislazione completa sul diritto di asilo, l'accesso alla procedura di protezione in Tunisia è limitato e privo di sufficienti garanzie di tutela legale e appello" si legge sul sito di 'MSF'.

"Malta, a sua volta, non ha ratificato gli emendamenti alle Convenzioni SAR e SOLAS adottati nel 2014, che specificano che 'la responsabilità di fornire un luogo sicuro o di assicurare che un luogo sicuro sia fornito ricade sul Governo contraente responsabile per la regione di ricerca e soccorso in cui i sopravvissuti sono stati recuperati'. I porti italiani restano pertanto la destinazione più sicura per i soccorsi operati lungo la rotta del Mediterraneo centrale".

- E’ vero che le navi di soccorso delle Ong nel Mediterraneo incoraggiano più persone a mettersi in mare? "Le navi delle Ong non sono gli unici attori a essere impegnati nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mar Mediterraneo. Nel corso del 2016, in realtà, la maggior parte degli interventi sono stati operati dalla Guardia Costiera italiana, da unità dell’agenzia europea Frontex e dai mezzi militari dell’operazione Eunavfor Med e della Marina Militare, non certo dalle Ong o da MSF. L'intervento delle Ong - che nel 2016 hanno soccorso non più del 28% delle persone - ha invece contribuito a ridurre significativamente il peso degli interventi che gravava in modo significativo sulle navi commerciali presenti nell’area (nel 2014, 1 salvataggio su 4)".

"In ogni caso - conclude l'Ong - la presenza delle navi di soccorso al largo della Libia non è la ragione che spinge le persone a tentare la traversata del Mediterraneo. Non esiste alcuna evidenza certa di una correlazione tra il numero di persone che intraprendono la traversata in mare e l'intensità delle operazioni di salvataggio. In altre parole, non è affatto dimostrata l'esistenza di un 'fattore di attrazione' determinato dalle operazioni di soccorso in mare".

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