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Farmaci: asma grave per 10 mila italiani, target therapy nuova arma

08 maggio 2017 | 16.05
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Un momento dell'incontro (foto dal profilo Twitter di Gsk)
Un momento dell'incontro (foto dal profilo Twitter di Gsk)

C'è chi vince le Olimpiadi e chi resta ostaggio di una malattia che toglie il respiro, chi si cura solo quando la fame d'aria si fa sentire e chi invece nonostante i farmaci è destinato a una vita in costante 'apnea', scandita da crisi, corse al pronto soccorso e ricoveri. Perché di asma non ce n'è una sola e "se la grande maggioranza dei pazienti riesce a ottenerne un controllo e a condurre una vita normale, arrivando in alcuni casi a fare sport ad alti livelli e a ottenere persino una medaglia olimpica, per circa un 10% della popolazione affetta questo orizzonte resta un miraggio". Persone che "nonostante seguano correttamente le terapie prescritte hanno frequenti riacutizzazioni, vengono spesso ospedalizzate e durante queste periodiche crisi asmatiche sono costrette a ricorrere all'uso di cortisone sistemico". (Video)

A tracciare oggi a Milano un 'ritratto' degli italiani che fanno i conti con quella che viene definita asma grave o severa è Claudio Micheletto, direttore dell'Unità operativa complessa di Pneumologia all'ospedale di Legnago (Verona). Circa 10 mila 'affamati' d'aria, spesso giovani e nel pieno della carriera lavorativa, accomunati da "una pessima qualità di vita". Dietro le crisi incontrollabili può nascondersi un nemico più duro da combattere: "E' un'elevata infiammazione dovuta all'aumento di specifici globuli bianchi, gli eosinofili", spiega Giorgio Walter Canonica, responsabile del Centro di medicina personalizzata asma e allergie dell'ospedale Humanitas di Rozzano. E per questi pazienti la parola chiave è target therapy.

In Italia, da poco più di un mese, questa nuova arma è disponibile. Si chiama mepolizumab ed è un anticorpo monoclonale umanizzato, frutto della ricerca Gsk, che prende di mira selettivamente "l'interleuchina 5, una citochina responsabile della crescita, differenziazione, attivazione e sopravvivenza degli eosinofili. Agisce inibendo la trasduzione del segnale di questa interleuchina e bloccando il processo infiammatorio, determinando una riduzione dell'84% degli eosinofili ematici entro 4 settimane dall'inizio del trattamento", chiarisce Canonica.

Nei trial clinici, riepiloga Giacomo Curradi, responsabile medico asma grave della multinazionale inglese, "mepolizumab ha dimostrato di ridurre di oltre la metà (-53%) le riacutizzazioni in generale e del 61% quelle che determinano un ricovero o visite al pronto soccorso". Quasi il 40% di chi soffre di asma grave viene ricoverato in ospedale almeno una volta all'anno, e poi c'è l'aumentato rischio di mortalità. E' emerso che il trattamento "migliora la funzionalità respiratoria dei pazienti e la qualità di vita", aggiunge Micheletto. Gli esperti evidenziano anche "la conseguente riduzione dell'uso di corticosteroidi orali".

Il farmaco si somministra con un'iniezione sottocute ogni 4 settimane e rappresenta "uno strumento in più nella cassetta degli attrezzi dei camici bianchi - dice Curradi - Sul fronte delle malattie respiratorie, il lavoro che si sta facendo ha come riferimento importante gli 'unmet needs' dei pazienti. E per chi soffre di asma grave c'è bisogno di medicina di precisione. Il piano di sviluppo di mepolizumab racconta qualcosa in questo senso. Siamo partiti inizialmente considerando il farmaco come blockbuster, ma la ricerca ci ha insegnato invece che è efficace in un sottogruppo di pazienti affetti da asma grave, refrattaria (cioè non controllata con le terapie standard), e soggetti a un fenotipo particolare cioè a infiammazione di tipo eosinofilo. L'eosinofilia è il biomarcatore di risposta al trattamento".

Cruciale restano la diagnosi precoce e "un'accurata selezione del paziente", fa notare Canonica. "Possiamo fare un investimento culturale per la professione - riflette Micheletto - ricordando che l'asma non è tutta uguale e che la sfida per l'allergologia e la pneumologia è la fenotipizzazione dei pazienti, per offrire la giusta terapia. Mepolizumab copre una lacuna che riguardava i pazienti con un'elevata infiammazione eosinofilica".

"Ma c'è da evidenziare - puntualizza - anche la necessità di un intervento educazionale, da fare tutti insieme coinvolgendo anche i medici di medicina generale. Il mondo asma ha degli aspetti critici: ci sono tanti pazienti che hanno una diagnosi tardiva. Intercettarli nei primi stadi vuol dire evitare che progrediscano verso forme più gravi. E poi va migliorata l'aderenza al trattamento. Il paziente quando sta bene tende ad abbandonare la terapia e va invece reso consapevole del fatto che convive con una malattia cronica. Ancora oggi ci troviamo a leggere sui giornali di morti di asma. Ripenso spesso alle parole pronunciate dal marito di una vittima veneta, una donna poco più che trentenne. Il suo era un appello rivolto ai pazienti come sua moglie: non sottovalutate questa malattia".

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