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Agrigento

"Così hanno ucciso mio fratello e torturato me", la testimonianza del migrante

11 maggio 2017 | 14.50
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Una volta mi hanno legato le gambe e poi mi hanno picchiato ripetutamente, con un bastone, nella pianta dei piedi, procurandomi delle profonde lesioni e una frattura, tanto da impedirmi nella deambulazione per circa tre mesi. In un’altra occasione, sempre gli stessi africani, mentre io ero intento a parlare con uno di loro, un ragazzo gambiano di nome Alez, un nigeriano, su ordine di un libico, mi ha versato della benzina addosso e poi mi hanno dato fuoco". E' il racconto di una delle vittime dei nigeriani arrestati oggi ad Agrigento con l'accusa di traffico di esseri umani. Il testimone ha riconosciuto i suoi aguzzini nel centro di accoglienza di Lampedusa e ha raccontato alla Polizia tutte le violenze e le torture subite. "Per mia fortuna, un altro libico, richiamato dalle mie urla, ha provveduto a spegnere le fiamme e a salvarmi la vita", dice Coubaly. Il ragazzo ha raccontato che a Tripoli (Libia) era stato sequestrato, unitamente al proprio fratello Mohamed, da una banda di criminali conosciuti come Asma Boys che lo aveva poi venduto. "Ad una più ampia e ramificata organizzazione criminale che aveva la propria base all’interno di una base militare libica dismessa, di stanza a Az Zawiyah".

Per i pm il capo dell'ultima organizzazione criminale era un libico a nome Mohammed Sebratah. "Io ho avuto modo di vederlo solamente due volte. Egli può avere circa 40 anni, alto circa 1,80, corporatura normale", racconta il testimone. Sebrataha "per la gestione di tale campo, nonché per la vigilanza, si avvale anche di molti africani. In particolare c’è un nigeriano, del quale non ricordo il nome, che dispone di altri africani addetti anche alla vigilanza dell’ex base militare - racconta ancora il testimone -. Tali africani, armati di fucile e vestiti in abiti civili, erano spregiudicati. Picchiavano brutalmente e senza alcun motivo i migranti. Personalmente sono rimasto vittima, in più occasioni, delle loro inaudite crudeltà Nell’occorso riportavo delle ferite ancora visibili in più parti del corpo. Ho sofferto tantissimo. Eravamo in balia a dei barbari. Ho avuto modo di apprendere, durante la mia prigionia, che Alex il gambiano arriverà a giorni in Italia . Purtroppo, anche mio fratello Hamed è rimasto vittima delle loro inconcepibili violenze".

"Preciso che mio fratello, al rifiuto di potersi lavare per via di un problema alla pelle, è stato vittima delle violenze patite da parte di un giovane africano, che ho poi rivisto all’interno di questo centro di accoglienza - dice il testimone -. Tale giovane africano utilizzando il calcio del fucile, che aveva in dotazione, atterrava mio fratello. A seguito di ciò, interveniva anche un libico, tale Mohamed, che provvedeva a tenere bloccato a terra, mio fratello, tramite un piede poggiato sul suo corpo. Immobilizzato, Hamed veniva continuamente picchiato con un bastone da parte del libico e da parte del giovane africano che utilizzava ripetutamente il calcio del fucili, fino a ridurlo in fin di vita. In effetti, dopo tre giorni, a causa delle tremende ferite riportate su tutto il corpo, mio fratello Hamed moriva. Era il 1° novembre 2016".

"Mi concedevano, dopo le mie suppliche, di poter seppellire mio fratello Hamed. I Libici mi accordavano ciò, concedendomi, sotto la vigilanza di tre giovani gambiani armati, di poterlo seppellire appena fuori dalla ex base militare", aggiunge il ragazzo parlando con i pm. "Con uno stratagemma, per mia fortuna, riuscivo a distrarre i vigilanti e scappavo. Riuscivo a raggiungere Az Zawiyah dove conoscevo un ragazzo del Burchina Faso, il quale, vedendo le mie precarie condizioni fisiche mi ospitava presso la sua abitazione - racconta ancora il giovane testimone -. Fu lì che ho curato le ferite riportate a seguito delle violenze subite durante quella lunga prigionia. Voglio precisare che proprio ieri, mentre mi trovavo all’interno di questo centro di accoglienza, ho avuto modo di vedere che uno dei miei carcerieri, che ha usato violenza anche su di me e di mio fratello, è anch’egli ospite presso questo centro. Ritornando al discorso, sono rimasto ospite presso quella casa circa due mesi. All’inizio del mese di gennaio 2017, tramite il giovane del Burchina Faso, riuscivo a conoscere un signore libico, tale Alhassan, il quale mi prometteva di farmi conoscere un trafficante libico che era in grado di farmi arrivare in Italia".

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