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Omicidio Pasolini, è morto Pino Pelosi

20 luglio 2017 | 18.53
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

di Mia Grassi

E' morto a Roma Pino Pelosi. Noto come Pino 'la rana' Pelosi, unico condannato in via definitiva per l'omicidio di Pier Paolo Pasolini, è morto per una malattia oncologica avanzata. A quanto apprende l'Adnkronos, dopo essere rimasto per giorni ricoverato al Policlinico Gemelli, ieri era stato trasferito presso l'Hospice Oncologico dell'ospedale, 'Villa Speranza', dove è deceduto oggi pomeriggio.

Ex 'ragazzo di vita', Pelosi nel 1976 viene condannato a nove anni di carcere per l'omicidio Pasolini, avvenuto ad Ostia l'1 novembre del 1975. Di anni ne sconterà soltanto sette: il 26 novembre 1982 otterrà la semilibertà e il 18 luglio 1983 la libertà condizionata.

Il colpo di scena 30 anni dopo, nel 2005, quando Pelosi cambia clamorosamente versione dei fatti. ''Non fui io ad uccidere Pasolini'', dice, rilanciando una pista investigativa mai battuta fino in fondo ma ipotizzata più volte: la possibilità che Pasolini sia stato massacrato da un gruppo di picchiatori, che volevano dargli una lezione.

Pelosi ha 17 anni quando i carabinieri lo fermano alla guida dell'Alfa 2000 Gt rubata, che poi risulterà di proprietà di Pasolini. Viene portato in caserma e, interrogato dai carabinieri, ammette il furto e fa cenno a un anello di sua proprietà, che gli investigatori hanno trovato vicino al corpo di Pasolini. Arrestato il 2 novembre, viene accusato di furto d'auto, ma in carcere si vanta subito, con un compagno di cella, di essere stato lui ad uccidere Pasolini.

Con il ritrovamento del cadavere e di fronte all'evidenza dei fatti, Pelosi confessa l'omicidio: dichiara di aver incontrato Pasolini la notte dell'1 novembre presso la stazione Termini. Di essere salito in auto con lui e, dopo una cena in una trattoria vicino alla Basilica di San Paolo, passata la mezzanotte, di aver raggiunto il luogo dove poi verrà trovato il corpo dello scrittore. Lì Pelosi, come riferisce agli inquirenti, avrebbe sulle prime accettato e poi rifiutato di avere un rapporto sessuale con Pasolini. Sceso dall'auto, racconta durante l'interrogatorio di essere stato inseguito da Pasolini, che, vistosi respinto, avrebbe reagito violentemente colpendolo con un bastone. Solo a questo punto, secondo il racconto di Pelosi, sarebbe scattata la sua reazione violenta e il massacro dello scrittore, il cui cadavere sfigurato verrà trovato la mattina del 2 novembre 1975 da una donna di passaggio in via dell'Idroscalo., sul lungomare di Ostia.

Il percorso processuale che porta alla condanna di Pino 'la rana' è relativamente veloce. La sentenza di primo grado è datata 26 aprile 1976, quella d'Appello è del 4 dicembre 1976. La Corte di Cassazione si esprimerà in modo definitivo il 26 aprile 1979, confermando per Pelosi la condanna a nove anni.

Trent'anni dopo la condanna, il colpo di scena: Pelosi ci ripensa e in una clamorosa intervista al programma Rai 'Ombre sul giallo', andata in onda nel maggio 2005, nega di essere stato lui ad uccidere Pasolini, ritirando fuori una teoria che era già circolata nei giorni del delitto, quella del 'complotto neofascista', prospettata tra l'altro da Oriana Fallaci.

Perché lo fa con tanto ritardo? ''Perché - dirà - sono solo, non ho più famiglia, i miei sono morti. Ho 46 anni e pago per sempre quell'omicidio".

Le nuove indagini che pure sono vengono aperte in seguito a quelle e altre rivelazioni non portano da nessuna parte. Oggi, a 59 anni, Pino Pelosi è morto, e il delitto Pasolini, nonostante tutto, resta ancora uno dei più grandi gialli italiani.

L'AVVOCATO OLIVIERI - "L'ultima volta che ho parlato con lui? Ci ho parlato cinque giorni fa, ero stato a trovarlo in ospedale, stava molto male ma aveva una grande forza di volontà. Aveva dolori lancinanti e aveva una grande paura di non farcela. L'ultima cosa che gli ho detto è stata 'sbrigati a guarire che quando esci ce ne dobbiamo andare a Ibiza insieme'. Tornare a Ibiza era un suo grande desiderio". Lo dice all'Adnkronos Alessandro Olivieri, storico difensore di Pino Pelosi, in merito alla notizia della sua scomparsa.

"Se per la maggior parte delle persone se ne è andato un delinquente o un assassino per me se ne è andato via un amico con cui nel corso degli ultimi 10 anni sono riuscito a intrattenere un rapporto che andava ben oltre quello tra cliente e avvocato - dice Olivieri - Un amico con il quale ho avuto modo di conoscere un pezzo della storia d'italia. Parte di quelle informazioni da me sono ancora custodite e non sono mai uscite perché lui mi aveva chiesto di non divulgarle".

"Il ricordo che ho io è quello di una persona fantastica con cui si riusciva a sorridere - prosegue Olivieri - Tutte le persone a cui lo presentavo, che inizialmente erano prevenute nei suoi confronti, poi scoprivano una persona buona, altruista e disponibile verso gli altri. Se stavamo per strada e vedeva qualcuno in difficoltà si fermava e lo aiutava sempre. Purtroppo la vita non è stata particolarmente buona con lui e alcune disavventure lo hanno portato a commettere anche una serie di atti illeciti che ne hanno segnato la vita".

L'AVVOCATO MARAZZITA - "Davanti alla morte un velo pietoso bisogna sempre stenderlo per un principio di civiltà. Per quanto riguarda il processo per la morte di Pasolini, Pelosi si porta nella tomba il segreto di come effettivamente si sono svolti i fatti" commenta all'Adnkronos l'avvocato Nino Marazzita, legale di parte civile per conto della famiglia di Pier Paolo Pasolini dal 1975.

"Ogni volta dichiarava ai giornali o ai magistrati cose che erano già note... - prosegue Marazzita - Ad esempio ricordo che io cercavo di fargli dire se con lui c'era o meno Johnny lo zingaro, ma lui ha sempre avuto grande paura di questo, mi diceva non c'era ma non mi convinceva".

"Quando mi vedeva nei dibattiti non mi ha mai considerato un antagonista - continua il legale - mi considerava tale quando era minorenne, ai primi processi e io lo interrogavo come avvocato di parte civile: lì sì, mi vedeva come un nemico, e io vedevo odio e paura nei suoi occhi. Poi sono passati anni, decenni... e l'ultima volta che mi ha visto mi ha abbracciato e baciato, credo che ormai mi considerasse uno di famiglia. Mi dispiace, spero abbia fatto una morte non dolorosa".

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