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Terremoto L'Aquila, i segnali già 3 anni prima

22 settembre 2017 | 11.45
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(Foto Xinhua) - XINHUA
(Foto Xinhua) - XINHUA

La terra aveva cominciato a 'parlare'. Lo aveva fatto tre anni prima di quel 6 aprile del 2009, quando un terremoto di magnitudo 6,3 sprigionò tutta la sua potenza devastando L'Aquila e alcuni centri abitati nelle vicinanze. Uno studio condotto dagli scienziati dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), ha messo infatti in evidenza che circa tre anni prima della catastrofica scossa, il terreno dell'area coinvolta si era abbassato di 15 millimetri. Un fenomeno probabilmente legato alla fase preparatoria del terremoto.

Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università di Cassino e dell’Aquila e pubblicata su Scientific Reports del gruppo Nature, sembrerebbe quindi aprire le porte alla speranza che i terremoti si possano prevedere. Ma in realtà non è così. "La previsione dei terremoti - si legge sul sito dell'Ingv - è un traguardo ancora lontano dall’essere raggiunto. Tuttavia un importante contributo potrebbe arrivare dalle tecniche interferometriche satellitari, in grado di misurare le deformazioni della superficie terrestre e fornire informazioni utili sulla probabilità di accadimento di un evento sismico in una determinata zona". E’ infatti noto che prima di un evento sismico, fenomeni del genere si possono verificare, dal momento che le rocce presenti nel volume della zona interessata sono soggette ad uno sforzo di taglio, con conseguente formazione di fratture.

“La deformazione osservata prima del terremoto”, spiega Marco Moro, ricercatore Ingv e primo autore del lavoro, “è stata indotta dal cedimento di alcuni livelli stratigrafici, causato dal progressivo abbassamento delle falde acquifere superficiali, determinato, a sua volta, dalla migrazione dei fluidi in profondità”. La ricerca è stata effettuata tramite l'impiego di tecniche interferometriche satellitari, capaci di misurare le deformazioni del suolo. L'idea ora è quella di applicare e verificare questo studio anche ad aree già vittime di terremoti ma in contesti tettonici e geologici diversi in modo da verificare se il fenomeno potrà essere analogamente osservato e misurato. In questo modo, la tecnica potrebbe servire in futuro per prevedere eventi sismici "con successiva attivazione di interventi per la mitigazione del rischio sismico".

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