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Ucciso e bruciato per un telefono

25 novembre 2017 | 14.41
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Un debito non saldato per un cellulare. Questo sarebbe il motivo che ha spinto un 33enne di Piombino ad uccidere un 32enne tunisino e a dare fuoco al corpo. L'assassino ha confessato l'omicidio consumato all'alba del 21 novembre scorso all'interno del suo appartamento di Piombino.

L'arrestato, senza precedenti penali, è una guardia giurata. L'uomo è stato bloccato in esecuzione del decreto di fermo emesso dalla Procura di Livorno per omicidio volontario del tunisino. I carabinieri sono arrivati a Longo con indagini di tipo tradizionale, condotte dai militari del comando provinciale di Livorno e della compagnia di Piombino in collaborazione con la squadra mobile di Livorno e il commissariato di Piombino.

Gli investigatori hanno controllato le conoscenze e le amicizie del tunisino, con precedenti per spaccio di sostanze stupefacenti. E dai controlli è emerso che i due avevano frequenti contatti. In due occasioni, assassino e vittima sono stati fermati insieme durante un controllo stradale dei carabinieri. E durante le verifiche negli ambienti frequentati dalla guardia giurata, è emerso ieri che l'uomo aveva confessato, di fatto, ad alcuni amici, vicini di casa, di essere stato l'autore dell'omicidio del tunisino.

Portato in caserma, assistito dal suo avvocato, ha confermato le accuse e ha confessato il delitto davanti al pubblico ministero Fiorenza Marrara. Ha quindi confessato di aver sparato tre colpi di arma da fuoco contro la vittima, di aver poi legato il suo corpo al letto e di avergli ha dato fuoco.

Quanto al movente del delitto, la guardia ha parlato di una sorta di debito non onorato. Avrebbe comprato un telefono cellulare di elevato valore per il tunisino, il quale poi non gli avrebbe restituito i soldi. Sul movente le indagini continuano, perchè gli investigatori non sono del tutto convinti della spiegazione.

Quanto alle monete poste sugli occhi del cadavere del tunisino, il 33enne ha ammesso di averlo fatto ma non ha dato una spiegazione. Apparentemente l'omicidio non sarebbe legato al mondo della droga: il tunisino era un abituale spacciatore, l'assassino è stato un assuntore in passato. L'arrestato è stato condotto nel carcere a Livorno.

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