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Vaccini: sul web consenso no-vax si ferma al 20%, 8 post su 10 a favore

21 dicembre 2017 | 15.28
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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"Per un virologo è paradossale diventare 'virale' su Facebook". Roberto Burioni, professore ordinario di Microbiologia e Virologia all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, si stupiva così quando i suoi primi post sul tema dei vaccini cominciavano a strappare milioni di visualizzazioni. Potere 'contagioso' del web. Era il maggio 2016. Da lì in poi l'esperto sposerà una missione social: quella di condividere sulla Rete i dati della scienza sulle iniezioni-scudo, convinto che le piazze virtuali giochino un ruolo cruciale. Oggi una ricerca dà ragione a lui e agli altri che hanno deciso di mettersi in gioco sul web, evidenziando il ruolo sempre più importante dei social nel dibattito sui vaccini.

E, a sorpresa, mostra che gli attivisti anti-vax - l'8% degli utenti dei social che parlano di vaccini - riescono a generare solo un 20% di condivisioni e post critici verso le iniezioni scudo. Mentre i commenti pro-vax, pur contando sulla stessa percentuale di attivisti nei social (9% degli account), raccolgono un consenso che arriva fino all'80% anche fra gli utenti comuni, non assimilabili ad alcun gruppo in Rete. L'indagine, presentata oggi a Milano, è stata condotta per Gsk da 'Voices from the blogs', spin-off dell'università degli Studi del capoluogo lombardo, analizzando 530 mila commenti pubblicati da circa 60 mila utenti su Twitter e Facebook nell'arco di un anno e mezzo (settembre 2015-marzo 2017). E fotografa intanto l'esistenza di due comunità agli antipodi, molto polarizzate, attive pro e contro i vaccini, e simili per numero di utenti. In mezzo una galassia di gruppi dalle posizioni intermedie, come i follower di media generalisti o le comunità legate al dibattito politico e un 44% di utenti comuni non polarizzati.

Ma valutando la 'potenza di fuoco' dei due gruppi, la capacità di attrarre condivisioni e consensi da chi non fa parte della loro comunità, "abbiamo osservato che gli antivaccinisti e scettici sono molto chiusi e autoreferenziali: c'è un ampio interscambio interno, ma non spostano le opinioni di chi non è già schierato. Tanto che i sentimenti anti-vaccino si fermano al 20% su Twitter e al 30% su Facebook", spiega Andrea Ceron del Dipartimento di scienze sociali e politiche della Statale, coordinatore della ricerca. Dall'altro lato i gruppi favorevoli alle vaccinazioni, che fanno riferimento alle istituzioni sanitarie e ad alcuni influencer come la sportiva Bebe Vio, generano pensieri e commenti positivi che arrivano all'80% su Twitter e al 72% su Facebook. Sul fronte no-vax i messaggi sono prodotti da utenti interni in due casi su tre (67%). Sul fronte pro, invece, solo la metà dei post proviene da utenti interni.

Gli interscambi fra comunità esistono, rilevano gli autori della ricerca, ma gli antivaccinisti si confermano meno capaci di generare risposte: i media generalisti sono la comunità più citata dai no-vax, ma gli utenti di questo gruppo entrano in contatto con gli antivaccinisti solo una volta ogni tre citazioni ricevute. Una delle comunità più aperte risulta quella di Bebe Vio, atleta paralimpica, testimonial pro-vaccini e protagonista della campagna 'Win for Meningitis': il 40% degli account nella sua comunità è coinvolto nella Rete solo grazie a lei.

"Questo - evidenzia Ceron - indica che influencer come Bebe Vio e Roberto Burioni attraggono nelle discussioni anche persone che altrimenti sarebbero rimaste in silenzio e invece decidono di dire la loro vedendo rispecchiate le proprie convinzioni nelle parole di un personaggio per il quale c'è un forte coinvolgimento emotivo o che ritengono competente. I dati possono essere interpretati sottolineando che la maggioranza della popolazione online è pro-vaccini. Si tratta di una maggioranza silenziosa, che spesso viene stimolata in positivo proprio dagli influencer, ma che reagisce anche a eventi come l'epidemia di meningite in Toscana che scatena paura e ansia producendo una ulteriore crescita di opinioni pro-vaccino".

I 'picchi' di sostegno ai messaggi contrari alla vaccinazione arrivano soprattutto dopo attacchi diretti e con ampia risonanza, come il boicottaggio dei documentari sui danni ai vaccini, mentre i pro-vax guadagnano terreno soprattutto quando si diffonde la paura per le malattie che si possono prevenire con le iniezioni scudo. Caso emblematico, ricordato oggi da Burioni, la ricomparsa di focolai di morbillo in Italia.

Per esempio l'indagine analizza i picchi registrati in negativo quando a ottobre 2015 la Regione Emilia Romagna apre la strada alla 'linea dura' contro chi non vaccina, o ancora ad aprile 2016 ai tempi delle polemiche su 'Vaxxed', il documentario contro i vaccini, e il boom di 'sentimenti positivi' suscitato in Rete dall'uscita della campagna contro la meningite in cui Bebe Vio ha posato per Anne Geddes (settembre 2016). Le motivazioni no-vax, fa notare Ceron, non sono sempre del tutto esplicite. Per esempio la prima argomentazione è la libertà di non vaccinarsi (35,2%). "C'è quindi una quota di persone, per le quali appare possibile un cambio di attitudine".

Un focus della ricerca era sulla meningite, tema molto trattato in Rete. L'immagine associata è ansia e paura nel 27,3%. E il valore medio si alza in corrispondenza per esempio dell'epidemia in Toscana. Dall'analisi degli esperti emerge come ansia e sostegno ai vaccini si leghino fra loro e una correlazione positiva c'è anche con la quantità di informazioni divulgate dai medici.

Sebbene le fake news ci mettano poco a diventare virali, la Rete - osservano gli esperti - ha molti più anticorpi di quanto si creda. E il 'sentiment' positivo rispetto ai vaccini è cresciuto nel tempo. "Ma si può sempre fare di più", afferma Ceron. Si può immaginare "una soglia di 'immunità di gregge social'", sulla falsariga di quella reale fissata al 95% per ottenere la massima protezione di una comunità. "Rispetto a questa meta 'virtuale', c'è quindi ancora una distanza da colmare".

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