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Riciclaggio e fatture false, arrestati imprenditori romani

28 dicembre 2017 | 10.33
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Arresti, centinaia di indagati fra prestanome che venivano pagati 1.000 euro al mese, fatture false per circa 78 milioni di euro e oltre 55 milioni di euro riciclati. I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, coordinati dalla Procura della Repubblica di Roma, stanno eseguendo 4 misure cautelari personali emesse dal Gip del Tribunale di Roma nei confronti di altrettanti imprenditori romani, al vertice di una organizzazione criminale dedita all’emissione di fatture false, al riciclaggio e all’autoriciclaggio.

Il gruppo - che operava a Roma da diversi anni - era formato da numerose persone, tutte indagate, che provvedevano a cercare nuovi clienti, costituire società “cartiere”, predisporre false fatture e riciclare il denaro corrisposto a fronte del pagamento delle fatture illecite. I clienti finali, ai quali gran parte delle somme venivano poi riconsegnate sotto forma di contanti, potevano così finanziarsi senza correre il rischio che le transazioni fossero “tracciate” dal sistema bancario. In alcuni casi, spiegano le Fiamme gialle, questo sistema è stato usato anche per sottrarre risorse a società prossime al fallimento.

È stata l’efficacia del c.d. “presidio antiriciclaggio” che ha permesso di portare alla luce numerose operazioni finanziarie anomale ed indirizzare l’azione investigativa dei finanzieri, i quali, coordinati dalla Procura di Roma, hanno poi minuziosamente ricostruito l’operatività dell’organizzazione filmando gli incontri per la riconsegna del denaro contante e acquisendo centinaia di comunicazioni tra gli indagati attraverso l’utilizzo dei social network.

Le società “cartiere”, che hanno emesso false fatture per circa 78 milioni di euro, erano intestate a prestanome retribuiti con un compenso di 1.000 euro al mese. I clienti, invece, pagavano le fatture con bonifico bancario e, successivamente, il denaro veniva distribuito ai “camminatori” che, ogni mattina, avevano il compito di prelevarlo. Le somme prelevate giornalmente venivano poi imbustate e restituite alle centinaia di clienti dell’organizzazione, tra cui persone fisiche ed aziende, tutti iscritti nel registro degli indagati. Tra gli “addetti ai prelievi” c'era anche un intero nucleo familiare, madre, padre, figlio e fidanzata, che svolgeva l’attività “a tempo pieno”, dal momento che l’organizzazione garantiva loro l’1% delle somme quotidianamente prelevate.

Nel tempo l'organizzazione ha riciclato oltre 55 milioni di euro, mentre, con le somme residuate dalla consistente massa di fatture false, i capi potevano mantenere il sodalizio florido e attivo, garantendo ai collaboratori retribuzioni sicure e finanziando altre società sempre loro riconducibili ed effettivamente operative. Oltre alla custodia in carcere disposta nei confronti dell’ideatore dell’organizzazione, il Gip ha disposto gli arresti domiciliari di altre due persone ai vertici e l’obbligo di presentarsi quotidianamente alla Polizia Giudiziaria nei confronti di una quarta persona.

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