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Il libro scandalo

L'ex prof: "All'università devi venderti come una puttana"

13 gennaio 2018 | 07.04
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L'ex prof:

Il sistema accademico e il mestiere più vecchio del mondo. Ad unirli, in un incontro davvero ai limiti, è il libro 'Università e puttane' scritto da Matteo Fini (edito da 'Priuli & Verlucca') . Non un'inchiesta, ci tiene a sottolineare l'autore, ma un romanzo rimasto nel cassetto per diversi anni per le denunce preventive arrivate a Fini; per due lustri dottore di ricerca in statistica a Milano. "L'università è un mondo in cui vige la regola 'vendere e vendersi'. Per questo è un po' come prostituirsi – racconto all'Adnkronos Fini - Non c'è alternativa, devi per forza far parte del sistema anche se sei bravissimo. Dovrai piegarti ai giochi di potere. I concorsi, ad esempio, si fanno quando c'è già un vincitore non per trovarne uno". Il tema dell'università è tornato alla ribalta della campagna elettorale in questi giorni con la proposta lanciata dal leader di 'Liberi e uguali' Piero Grasso di abolire le tasse universitarie. "E' solo politica – commenta l'autore di 'Università e Puttane' – Il problema non è da dove arrivano i soldi per gli atenei ma come vengono spesi. La verità è che risolvere i problemi dell'università, riformarla veramente, non interessa a nessuno. Che fine ha fatto lo scandolo scoppiato a Firenze a settembre con i concorsi truccati? - ricorda Fini – Si parla di questo sistema corrotto solo quando c'è uno scandalo. Pochi giorni e poi tutto ritorna nel buio".

Il libro 'Università e Puttane' racconta come funziona il sistema, le battaglie quotidiane di un dottorando 'insider' al mondo accademico. Immutabile a se stesso e totalmente asservito a certi riti e scorciatoie. "Ho cominciato a scriverlo diversi anni fa e allora ho pensato di pubblicare su Facebook qualche paginetta e spunti – racconta l'autore - Un giorno ricevo una diffida legale, girata anche all'editore, con cui aveva già fatto un libro ('Non è un paese per bamboccioni'), che mi intima di non pubblicare e di eliminare tutti i post 'allusivi' dai social. Chi erano? Vecchi colleghi - risponde Fini - che avevano paura che potessi raccontare anche le loro storie. Ma io non volevo nessuna vendetta. Sono ormai dieci anni che non lavoro più in quel mondo. L'ho scritto come un diario. Con tanta passione e l'amore per l'insegnamento che mi è rimasto e ho portato anche in nelle mie nuove attività".

La vita di Matteo Fini non già più attorno all'università. Ha deciso di cambiare aria e di lasciarsi, con molta serenità, i fantasmi alle spalle. "Chi non ha mai sentito o letto la parola 'barone' riferita ad un professore universitario – osserva l'ex docente – ma ci si ferma alle apparenze o agli stereotipi. Io avevo un dottorato ma facevo il professore a tempo pieno e ho avuto anch'io il concorso tagliato su misura. L'ho aspettato per anni e si sapeva che avrei vinto. Così ti rimane addosso un inaridimento che leggi anche negli occhi dei colleghi. Un grigiore legato al fatto che pur avendo i titoli e il merito per quel posto il concorso era truccato per farti vincere". Il titolo del libro potrebbe far pensare alla presenza di pagine che racconto risvolti 'a luci rosse' nel sistema accademico. Ma non è così. "Ho avuto relazioni e rapporti con alcune studentesse – chiarisce Fini – ma mai nessuna mi ha chiesto un voto. Non gli passava per la testa. C'erano legami che andavano oltre a quelli docente-studente. E anche da un punto di vista lavorativo non ho vissuto o visto situazioni al limite, persone che si sono concesse o abusi di potere".

Uno come Matteo Fini oggi che considerazioni può fare sullo stato di salute del mondo accademico e del suo futuro? "Sono pessimista – avverte – il percorso universitario è lungo e il sistema ti annienta. Non vedo la luce in fondo al tunnel. C'è un cancro gigante che per ora non può essere curato. La cosa grave è che l'università sta perdendo il suo ruolo all'interno del percorso formativo delle persone. Vent'anni fa non era così. Lo vedo ora - conclude - che da anni sono fuori da certi ambienti. Le aziende non guardano il pedigree accademico ma scelgono il ragazzo con potenzialità e puntano a formarlo una volta all'interno".

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