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Strage Erba, no incidente probatorio: già spesi 173mila euro per prove certe

30 gennaio 2018 | 10.00
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La Corte d'appello di Brescia ha respinto, dichiarandola "inammissibile", la richiesta di incidente probatorio su alcuni reperti avanzata, tramite i difensori, da Olindo Romano e Rosa Bazzi, la coppia condannata all’ergastolo per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006. Tra gli esami richiesti l'analisi di alcuni capelli trovati sulla felpa del piccolo Youssef, un accendino trovato sul pianerottolo dell'appartamento in via Diaz, l'analisi del giaccone di tre delle vittime, tracce di sangue e impronte, mai attribuite, e ora analizzabili con tecniche moderne.

In quella strage, per la quale sono stati condannati in via definitiva i coniugi Romano, morirono sotto i colpi di spranga e coltello, Raffaella Castagna, il figlio Youssef di soli due anni, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Nel provvedimento la corte spiega che gli accertamenti chiesti non sono in grado di ribaltare il giudizio di colpevolezza. "La richiesta di incidente probatorio - si legge nella decisione dei giudici - deve ritenersi funzionale ad una, seppure futura ed eventuale, richiesta di revisione, tale richiesta deve essere, seppur in astratto, rigorosamente orientata e in grado di scardinare le prove già acquisite".

Nel novembre scorso gli stessi giudici della Corte d'appello di Brescia avevano acconsentito all'analisi dei nuovi reperti ora, invece, arriva il cambio di orientamento con la dichiarazione di inammissibilità perché "la richiesta fondata su assunzioni di prove connotate da carattere esplorativo non può che apparire incompatibile con la natura del giudizio di revisione". Le difese non avrebbero neanche prospettato "quale sarebbe la valenza di tali accertamenti richiesti, rispetto al materiale probatorio che è stato preso in esame ai fini della condanna". Accertamenti che avrebbero un costo di circa 50mila euro, da sommare ai quasi 173mila euro spesi solo per il processo di primo grado.

Contro Olindo e Rosa, sottolineano i giudici, ci sono le loro confessioni "ritenute spontanee, coerenti", riscontrate anche "dagli appunti di Olindo sulla Bibbia, dalla condotta degli indagati durante la prima fase delle indagini", nel movente dell'"odio" contro la famiglia Castagna, senza dimenticare le dichiarazioni del testimone oculare Mario Frigerio, marito della Cherubini, rimasto gravemente ferito nella strage.

I giudici della prima sezione della Corte d'appello di Brescia, sottolineano come "non viene in alcun modo prospettato in che modo la presenza di tracce biologiche, in ipotesi riconducibili a soggetti diversi dalle vittime, dei loro congiunti che frequentavano la casa per motivi leciti, dai condannati e dai soggetti che intervennero sul luogo del delitto per i primi soccorsi e per gli accertamenti di polizia, avrebbero un’efficacia tale da distruggere l’impianto su cui è fondata la doppia conforme, poi passata al vaglio della Cassazione". Il costo degli accertamenti sarebbe di oltre 50mila euro che i condannati potrebbero pagare solo con una 'raccolta di fondi di iniziativa-solidarietà popolare' - non hanno disponibilità economiche - ma che rischierebbero di ricadere sullo Stato.

"Si pensi che le spese processuali del giudizio celebrato a Como ammontano a 172.840,36 euro, e il magistrato di sorveglianza ha rimesso il debito": l'abitazione dei coniugi è stata venduta dopo il pignoramento. Se il costo non ha inciso sulla decisione, per i giudici "le spese processuali sarebbero dovute essere anticipate dagli imputati, e non già dall'Erario". Per Fabio Schembri, difensore di Olindo e Rosa, "I giudici hanno contraddetto loro stessi e anche la Cassazione a cui ricorreremo di nuovo, perché prima o poi, questi esami devono essere fatti".

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