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Ostia, la cronista minacciata: "Vivo blindata"

19 febbraio 2018 | 16.48
LETTURA: 4 minuti

(Facebook /Federica Angeli)
(Facebook /Federica Angeli)

"Da quando ho denunciato Armando Spada non ho più libertà. Il 17 luglio 2013 mi venne assegnata la scorta e l'allora prefetto Giuseppe Pecoraro mi disse che la mia vita era a rischio perché avevo denunciato Spada, una cosa, disse, che in 40 anni nessuno aveva mai fatto ad Ostia. Allora capii che la mia esistenza sarebbe stata stravolta". Lo ha detto la giornalista di Repubblica Federica Angeli testimoniando al processo a Roma che vede imputati il boss Armando Spada e Paolo Riccardo Papagni, fratello dell'attuale presidente della Federbalneari, accusati di minacce e tentata violenza privata contro la giornalista. In aula anche due scolaresche hanno assistito al dibattimento.

"Dopo che ho sporto denuncia ho iniziato ad avere i carabinieri sotto casa e li dovevo sempre avvertire quando uscivo e rientravo in casa" ha spiegato la giornalista, nota per le inchieste su mafia e criminalità ad Ostia. "Da allora la mia libertà è finita, ho tre bambini ai quali ho cercato di spiegare quello che era successo. Non posso più andare a prendermi un gelato, devo decidere bene dove sedermi quando vado in un ristorante, non posso neanche uscire sul balcone di casa, perché io ho deciso di restare a vivere ad Ostia. Non posso neanche andare al bar con le amiche perché subito arriva uno di loro per farmi capire che sanno dove sto" ha aggiunto la giornalista.  

Le minacce sono arrivate, ha spiegato Angeli, quando la cronista decise di capire come Spada era entrato in possesso dello stabilimento balneare Orsa Maggiore. "Scoprii che a gestirlo erano un genero di Spada, la moglie di un maresciallo della Marina Militare e un esponente di Casapound. Il 23 maggio io e i due operatori entrammo nello stabilimento con una telecamera in vista e un'altra nascosta, per fare delle interviste. C’era una serranda mezza abbassata, allora mi affacciai e chiesi del titolare e si presentò proprio Armando Spada. Per me - ha spiegato la giornalista - era la dimostrazione che fosse lui il vero gestore della struttura. Parlammo per un po', all'inizio in maniera tranquilla, poi quando si accorse che la luce della telecamera era accesa scoppiò un parapiglia. Era una furia, tanto che dovettero tenerlo in due, e lui mi minacciò. Disse di consegnarli la telecamera e fece il gesto della pistola con la mano, dicendo che mi avrebbe sparato in testa".

"Poco dopo Spada mi portò in una stanza assieme a Cosimo Appeso, il maresciallo della Marina Militare mi disse di far parte della Sacra Corona Unita, forse per spaventarmi. Spada mi disse che avrei dovuto indagare un'altra famiglia, quella dei Papagni, quindi mi lasciò andare via solo dopo che i miei operatori avevano cancellato l'intervista e il girato" ha continuato Angeli nella sua testimonianza.

"Pochi giorni dopo intervistai Papagni che mi ricevette nel suo ufficio allo stabilimento balneare Le Dune. Nei giorni successivi ci sentimmo di nuovo al telefono e in quell'occasione mi lanciò un chiaro avvertimento. Mi disse di ricordarmi che 'chi sbaglia prima o poi la paga' e che avrebbe potuto bloccare la mia carriera. A quel punto decisi di denunciare tutto ai carabinieri" ha concluso la giornalista, ricordando di aver sporto una seconda denuncia nell'aprile dello scorso anno dopo che una donna si era rivolta a lei lamentando che Armando Spada si era preso il suo bar.

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