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Pavia

"Qui ci abita un antifascista", marchiati i 'rossi'

03 marzo 2018 | 14.17
LETTURA: 4 minuti

(Twitter /Alessandro Caiani)
(Twitter /Alessandro Caiani)

"Qui ci abita un antifascista". Un adesivo sulla porta, con tanto di divieto, a segnalare l'appartenenza dell'inquilino. E' quanto accaduto a Pavia e denunciato su Twitter da Alessandro Caiani, ricercatore e docente di politica economica dell'Università della cittadina lombarda, che ieri sera si è ritrovato l'inquietante adesivo attaccato sul cancello di casa.

"Ieri - ha spiegato stamane Caiani in una serie di tweet, dopo aver diffuso la foto del 'marchio' trovato sulla porta - ho trovato questo adesivo attaccato al cancello di casa. Qualche valoroso neofascista si è preso la briga di scoprire dove abito, aspettare che non fossimo in casa e lasciarmi questo messaggio intimidatorio. È successo almeno anche a un altro antifascista". A diversi, stando in realtà alle numerose denunce sui social sempre da Pavia.

Un gesto inquietante, che Caiani riconduce senza troppi sforzi a militanti di estrema destra: "Ecco cosa succede - scrive ancora - quando si lasciano i neofascisti liberi di aprire sedi, fare manifestazioni e presentarsi alle elezioni, lasciando impunite le loro aggressioni squadriste. Sciogliere subito CasaPound e Forza Nuova. A chi negherà l'esistenza del problema - avverte poi in un altro tweet - come successo di fronte a episodi ben più gravi e a chi penserà "se l'è cercata sicuramente". No genietti, non me la sono cercata: sono i fascisti che vengono a cercarti prima o poi se li si lascia fare. Il fascismo è questo".

Caiani, che ha trovato e fotografato l'adesivo nella serata di ieri, ha deciso di lasciarlo al suo posto "perché - spiega ancora -, a differenza dei fascisti, posso non provare vergogna di quello che sono". L'adesivo, dopo la denuncia, è poi stato rimosso da ignoti. Ma sotto al post del professore universitario, insieme alla solidarietà, continuano ad aggiungersi segnalazioni della 'caccia all'antifascista'.

Sul raid sta indagando la Digos. Alla questura è arrivata una segnalazione telefonica che ha attivato tutte le procedure di verifica. Le indagini, secondo quanto trapela, attualmente si stanno svolgendo su 'fonti aperte' e riguarderebbero "una decina di casi", ma non è escluso che ve ne siano altri. Gli uomini della Digos sono al lavoro per capire quale sia la vera entità del fenomeno.

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