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Maxi confisca da 100 mln a imprenditore clan Casalesi

15 marzo 2018 | 08.30
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Maxi confisca da 100 mln a imprenditore clan Casalesi

Maxi confisca da oltre 100 mln di euro da parte della Direzione investigativa antimafia di Napoli nei confronti di un imprenditore nel settore di produzione e vendita del calcestruzzo. La confisca, emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), segue il sequestro avvenuto nel luglio 2014 accogliendo una proposta formulata dal direttore della Dia.

L'imprenditore - A. L., 63 anni, originario di Casal di Principe (Caserta) - era stato arrestato il 6 dicembre 2011 nell’ambito dell’operazione 'Il Principe e la (scheda) ballerina', su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, con altre 56 persone ritenute responsabili di associazione per delinquere di tipo camorristico, estorsione, turbativa delle operazioni di voto mediante corruzione e/o concussioni elettorali, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, riciclaggio, reimpiego di capitali di illecita provenienza, reati tutti aggravati dalla finalità di aver agevolato il clan dei Casalesi.

ELEZIONI - Da quell'indagine, ricorda la Dia, "erano emersi gli intrecci illeciti del ceto politico di Casal di Principe con l’ala militare e imprenditoriale dal clan dei Casalesi, fazione Schiavone e Bidognetti, concretizzatisi nell’aver procurato vantaggi ai candidati indicati dall’organizzazione in occasione di consultazioni elettorali e conseguenti ritorni economici in termini di aggiudicazione di appalti, di assunzioni di personale compiacente all’organizzazione, di apertura di centri commerciali".

CLAN - L'imprenditore al quale sono stati oggi confiscati beni, secondo la Dia, "era considerato il punto di riferimento del clan dei casalesi, famiglia Schiavone, poiché metteva stabilmente a disposizione dall’organizzazione mafiosa i propri impianti di produzione del calcestruzzo e le proprie strutture societarie, ottenendo, di contro, l’ingresso nel novero delle aziende oligopoliste presenti sul mercato casertano. Più nel dettaglio, l’associazione imponeva sui cantieri controllati le forniture di calcestruzzo provenienti dalle loro aziende".

AZIENDE E AUTO - A parlare della vicinanza dell'imprenditore ai clan camorristici sono stati anche alcuni collaboratori di giustizia. In sostanza l’imprenditore, osserva la Dia, era inserito pienamente in “un rapporto sinallagmatico con la cosca, tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti, consistenti per l’imprenditore nell’imporsi nel territorio in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell’ottenere risorse, servizi o utilità”. Tra i beni confiscati sei aziende, 70 immobili, 28 auto e moto, numerosi rapporti finanziari.

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