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Di Matteo attacca Csm e Anm: "Non ci hanno difeso"

22 aprile 2018 | 16.23
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Di Matteo attacca Csm e Anm:

"Quello che forse in questi anni mi ha fatto un po' più male è che rispetto ad accuse di utilizzare strumentalmente il mio lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante e probabilmente chi speravo ci potesse difendere è stato zitto. A partire dall'Anm e dal Csm". Lo ha detto il pm Nino Di Matteo intervistato da Lucia Annunziata a Mezz'ora in più, su Raitre.

ANM - Dopo le parole del pm Di Matteo, Francesco Minisci, presidente dell'Anm, ha affermato che "l'Associazione nazionale magistrati ha sempre difeso dagli attacchi l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati. Lo ha fatto a favore dei colleghi di Palermo e continuerà sempre a difendere tutti i magistrati attaccati, pur non entrando mai nel merito delle vicende giudiziarie".

TRATTATIVA STATO-MAFIA - Il processo sulla trattativa Stato-mafia ha fatto emergere, ha sottolineato il pm Di Matteo a Mezz'ora in più, "un quadro in cui mentre c'era una parte dello Stato che lottava per l'affermazione dei principi di diritto, ce n'era un'altra che preferiva dialogare con i vertici della mafia e trovare un compromesso". "Ogni qual volta lo Stato ha cercato il dialogo con i vertici della mafia ha rafforzato enormemente la capacità di intimidazione di quei vertici mafiosi. Trattare con la mafia non è mai neutro", ha aggiunto Di Matteo.

"Fin dalla nostra originaria impostazione accusatoria era presente la politica o alcuni uomini politici come aspetto fondamentale di un mandato dato ai carabinieri che poi hanno fatto il gioco sporco di contattare Ciancimino e tramite lui Riina e poi Provenzano", ha detto il pubblico ministero antimafia.

"CI VORREBBE PENTITO DI STATO"- "Non riteniamo che quei carabinieri abbiano agito da soli, riteniamo che siano stati in qualche modo mandati, incoraggiati a fare questa Trattativa - ha affermato - Ho sempre sperato potessero dare un contributo ulteriore di conoscenza. Il fatto che siano stati condannati solo i carabinieri non significa che il livello politico non fosse a conoscenza o addirittura che fosse il mandante dell'azione dei carabinieri. Non abbiamo finora acquisito prove concrete di soggetti determinati, ecco ci vorrebbe un 'pentito di Stato', ci vorrebbe qualcuno che appartenga alle istituzioni che faccia definitivamente chiarezza e che disegni in maniera ancora più completa il quadro di quello che avvenne".

"DELL'UTRI INTERMEDIARIO" - Di Matteo ha poi affermato che "né Silvio Berlusconi, né altri componenti del suo governo hanno mai denunciato, prima o dopo, le minacce mafiose". "Nel nostro sistema costituzionale - ha aggiunto il pm - le sentenze vengono pronunciate 'nel nome del popolo italiano', possono essere criticate, condivise o impugnate ma quando riguardano uomini che esercitano il potere devono essere soprattutto conosciute. C'è una sentenza definitiva di cui pochi hanno parlato e spiegato, quella che ha condannato Marcello Dell'Utri per concorso esterno ad associazione mafiosa che afferma che dal '74 al '92 si fece prima garante e poi intermediario di un patto tra l'allora imprenditore Silvio Berlusconi e i capi delle famiglie mafiose palermitane. Ora c'è un'altra sentenza, di primo grado ancora, che dice che quell'intermediazione non si ferma al '92 ma riguarda anche il periodo successivo del primo governo Berlusconi. Questi sono fatti che a mio parere devono essere conosciuti e non sempre sono stati adeguatamente sottolineati".

LE REAZIONI - Per Maurizio Gasparri, di Forza Italia, “Lucia Annunziata ancora una volta fa un uso fazioso degli spazi televisivi che la Rai le concede. Il magistrato Di Matteo, ospite nella sua trasmissione su Rai3, ha detto che i carabinieri avevano, tramite Ciancimino, cercato di contattare Riina. Sono gli stessi carabinieri che hanno arrestato Totò Riina. Questo era il loro obiettivo ma l’Annunziata, come del resto Di Matteo, hanno evitato di precisarlo".

A Gasparri replica Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera: "In un Paese normale una sentenza come quella emessa a Palermo sulla trattativa stato-mafia avrebbe aperto una riflessione di carattere straordinario sulla stagione delle stragi dei primi anni Novanta. Bene ha fatto quindi Lucia Annunziata ad invitare il giudice Nino Di Matteo nella trasmissione Rai da lei condotta e gli attacchi censori di Gasparri ne sono la plastica conferma".

MANCINO - "Io penso di poter affermare, anche sotto giuramento, che non ho mai conosciuto la trattativa" ha scandito Nicola Mancino a 'Mezz'ora in più', parlando del processo sulla trattativa Stato-mafia. Mancino ha affermato che "tutto quello che è avvenuto risponde a un teorema rivolto a contestare la legittimità della mia nomina a ministro dell'Interno, si diceva e si scriveva che al posto del più duro Scotti arriva il più morbido Mancino".

"Si era detto che ero più morbido, ma potrei dimostrare che non sono stato un ministro morbido: il mio primo atto è stato quello di andare a Palermo e arrestare Riina, era il momento che lo Stato si facesse sentire", ha spiegato l'ex ministro. "Durante la mia presenza al Viminale molti criminali sono stati assegnati alle patrie galere, come Madonia, e io ho detto che doveva stare al 41bis" ha aggiunto Mancino.

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