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"Diciotti? E' una nave carica di ragazzini"

23 agosto 2018 | 21.13
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(Fotogramma)
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Nei loro occhi c'è la speranza e una sola domanda: perché. "Dal ponte vedono la possibilità di un futuro a terra e si chiedono per quale motivo ancora non li abbiano fatti scendere" racconta all'Adnkronos Daniela De Robert, componente del collegio del Garante privati della libertà, che è salita oggi sulla Diciotti. Ieri sono stati sbarcati 27 minori, in 150 restano ancora sulla nave. "Mi ha colpito la loro giovane età, quella delle ragazze in particolare. Hanno poco più che 20 anni come fossero figlie mie" aggiunge, mentre sta scrivendo ai due procuratori della Repubblica che hanno aperto un fascicolo sul caso Diciotti.

La terra è vicina, ma la paura resta. "C'è il timore che, essendo su una nave, possano riportarli indietro" spiega, descrivendo i loro sguardi in un contesto quasi surreale con l'imbarcazione sotto i riflettori del mondo. "Loro stanno lì fermi, calmi, anche se non sanno che gli sta succedendo, con una cinquantina di telecamere puntate sulla banchina". "Non mi aspettavo la loro tranquillità, ieri quando gli altri sono scesi, ho pensato che ci fossero stati dei problemi e, invece, no - aggiunge -. Non protestano neanche perché sono talmente abituati agli abusi da non riconoscerli". Una di loro, "anche lei giovanissima, aveva la mano deformata da un colpo di pistola, le hanno sparato nel campo libico e, se non me lo avesse detto il mediatore, lei non me l'avrebbe neanche fatta vedere".

La storia è sempre la stessa. Partiti dall'Eritrea, "molti e molte non avevano ancora diciotto anni", passati per Karthum, la capitale del Sudan, e finiti "per mesi se non anni in Libia, erano circa 2mila persone, uomini e donne insieme, chiusi in un campo senza potersi muovere, senza nulla. Presi, messi in un container, in 200 nello stesso, e imbarcati. Non è il 'lusso'". La vita sul ponte è dura. "Sono in 150 da 8 giorni, hanno due bagni, che sono stati attrezzati, ma non sono previsti dalla nave che è di salvataggio. Non hanno docce, ora forse ne metteranno una, si sono lavati una volta con le pompe, messe a disposizione dal personale di bordo. Non hanno un ricambio, se non quello fornito dal centro di Lampedusa, il kit previsto per chi sbarca".

Le visite mediche vengono fatte sempre lì, sul ponte. "Difficile anche vincere la scabbia, ci vuole un momento di isolamento. In una vita così promiscua è impossibile fermarla. La curi a me, ma il mio vicino nel frattempo se l'è presa". E alla domanda di un mediatore culturale sui diritti umani in Eritrea, conclude, "hanno risposto: cosa sono?".

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