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Scuola, Italia maglia nera per dispersione

10 settembre 2018 | 13.39
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Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Tornano sui banchi di scuola, dopo i tre mesi canonici di sospensione delle lezioni, più di 8 milioni e mezzo di alunni, il 90% dei quali in scuole statali. L’Italia si vanta di avere la scuola più inclusiva d’Europa, ma negli ultimi venti anni abbiamo escluso tre milioni e mezzo di studenti su undici. Se li mettessimo uno dietro l'altro, la fila attraverserebbe tutto il Paese, da Domodossola a Canicattì. Un triste primato, che ci mette nella lista nera in Europa e nel mondo.

Nel mondo Giappone, Norvegia e Corea hanno un tasso di dispersione a 18 anni pari allo zero. Thailandia, Russia, Taipei, Kazakistan viaggiano sotto il 5 per cento. Canada, Australia, Israele, Giordania e Singapore sotto il 10%. Tuttoscuola, in un approfondito studio intitolato 'La scuola colabrodo', ha calcolato che dei 590.000 adolescenti che in questi giorni iniziano le scuole superiori almeno 130.000 non arriveranno al diploma. Vivono nel profondo sud, ma anche nelle aree più industrializzate del Nord. E, interrotta la scuola, meno di uno su tre troverà lavoro, con i costi sociali che ne deriveranno.

Dal 1995 al 2013-14, in cui è iniziato il ciclo scolastico che si è concluso quest’anno, e quindi negli ultimi 19 cicli scolastici delle superiori, 3 milioni e mezzo di ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori statali non hanno completato il corso di studi. Rappresentano il 30,6% degli oltre 11 milioni di studenti (11.430.218) che si erano iscritti in questo arco di tempo alle scuole superiori statali. E’ quasi come se l’intera popolazione della Toscana (3,7 milioni) avesse abbandonato la scuola.

Tuttoscuola ha calcolato che il costo del fallimento formativo delle nostre istituzioni scolastiche è enorme: dal 1995 a oggi la dispersione scolastica ci è costata oltre 55 miliardi, l’importo di una o più finanziarie che ci saremmo potuti risparmiare.

E l’istruzione superiore? Tra chi si diploma e si iscrive all’università, uno su due non ce la fa. Complessivamente su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero… E il 38% dei diplomati e laureati che restano non trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi che hanno fatto. Un disastro.

Eppure l’istruzione conviene: la disoccupazione tra chi ha solo la licenza media è quasi doppia rispetto a chi è arrivato al diploma e quasi il quadruplo di chi è laureato; l’istruzione incide sulla salute, riducendo i costi per la sanità; comporta meno criminalità e meno costi per la sicurezza. Insomma prevenire la dispersione scolastica avrebbe costi molto più bassi di quelli che derivano dalla necessità di gestirne le conseguenze sociali. Servirebbe un grande piano pluriennale.

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