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Mafia Capitale, il procuratore: "Roma non è Palermo"

12 settembre 2018 | 08.57
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(Fotogramma)
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"Il problema più grave resta la corruzione. Roma non è Palermo". Lo afferma il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone ai quotidiani 'Il Corriere della Sera' e 'La Repubblica' in merito alle sentenze in appello per Mafia Capitale.

Quello di Mafia Capitale, spiega Pignatone era "un gruppo che utilizzava il metodo mafioso, questo come gli altri gruppi inquisiti o condannati per associazione mafiosa, dai Fasciani agli Spada, ai Casamonica, non sono paragonabili a Cosa nostra, alla 'ndrangheta o alla camorra. E Roma - ha detto al Corriere - non è Palermo, né Reggio Calabria né Napoli. L'abbiamo sempre sostenuto, anche nel parere contrario allo scioglimento del Comune per mafia". La 'mafiosità del gruppo di Carminati e Buzzi "non è il controllo del territorio, ma il controllo di un ambiente sociale, di alcuni settori dell'imprenditoria", ha aggiunto Pignatone.

"Le pene per il 416 bis sono state modificate in senso più afflittivo successivamente agli arresti del dicembre 2014. Noi abbiamo ritenuto che le nuove pene, più alte, potessero applicarsi - ha detto Pignatone a La Repubblica - perché ritenevamo che l' associazione a delinquere, formalmente, dovesse essere considerata 'attiva' fino al pronunciamento della sentenza di primo grado. L' Appello, al contrario, penso abbia ritenuto che Mafia Capitale sia cessata al momento degli arresti e dunque che il calcolo delle pene andasse fatto con le vecchie norme".

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