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La lite e i calci, il racconto del pestaggio a Cucchi

11 ottobre 2018 | 15.29
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Il pestaggio di Stefano Cucchi ci fu, e avvenne in caserma al culmine di una lite fra il geometra di 31 anni e due carabinieri poco dopo l’arresto per droga. A raccontare i fatti è il carabiniere Francesco Tedesco, fra i militari dell’Arma imputati al processo sulla morte del giovane, avvenuta il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini di Roma. 

Nel corso di un interrogatorio reso lo scorso 18 luglio e i cui contenuti sono stati resi noti oggi in udienza, "Cucchi e Di Bernardo ricominciarono a discutere e iniziarono a insultarsi, per cui Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con un schiaffo violento in pieno volto. Allora D’Alessandro diede un forte calcio a Cucchi con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che ca..o fate, non vi permettete’. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione – continua Tedesco nel suo interrogatorio - spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Fu un’azione combinata".

"Stefano Cucchi prima iniziò a perdere l'equilibrio per il calcio di Raffaele D'Alessandro, poi ci fu la violenta spinta di Alessio Di Bernardo, in senso contrario, che gli fece perdere l'equilibrio provocando una violenta caduta sul bacino - si legge nel verbale dell'interrogatorio -. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di aver sentito il rumore. Nel frattempo mi alzai, spinsi Di Bernardo ma prima che potessi intervenire D'Alessandro colpì con un calcio in faccia (o in testa) Cucchi mentre era sdraiato in terra".

"Quando dovevo essere sentito dal pm, il maresciallo Mandolini non mi minacciò esplicitamente ma aveva un modo di fare che non mi faceva stare sereno - racconta ancora Tedesco -. Mentre ci recavamo a piazzale Clodio, io avevo capito che non potevo dire la verità e gli chiesi cosa avrei dovuto dire al pm anche perché era la prima volta che venivo sentito personalmente da un pm e lui rispose: 'Tu gli devi dire che stava bene, quello che è successo, che stava bene, che non è successo niente, capisci a me, poi ci penso io, non ti preoccupare'". 

Dopo il pestaggio di Cucchi da parte dei carabinieri Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo, spiega Tedesco, "mi avvicinai a Stefano, lo aiutai ad alzarsi e gli chiesi come stesse, lui mi rispose 'sto bene, io sono un pugile' ma si vedeva che era stordito". "Dopo aver nuovamente diffidato Di Bernardo e D'Alessandro, dicendo loro di stare lontani da Cucchi, con il mio cellulare chiamai il maresciallo Mandolini e gli raccontai quello che era successo" si legge ancora nel verbale. "Durante il viaggio di ritorno in caserma io e Cucchi eravamo seduti nuovamente dietro e mi sembrava che gli animi si fossero calmati, Cucchi non diceva una parola e in quell'occasione mi resi conto che era molto provato e sotto choc: aveva indossato il cappuccio, teneva il capo abbassato e non diceva una parola" continua il carabiniere Tedesco. E conclude: "Devo dire che anche io ero turbato per quello che avevo visto, ma sono stato anche peggio quando ho denunciato e non è accaduto nulla". 

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