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Caso Cucchi, indagati altri carabinieri

12 ottobre 2018 | 16.24
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(Ipa/Fotogramma) - FOTOGRAMMA
(Ipa/Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Ci sono altri carabinieri indagati per la morte di Stefano Cucchi. Il giorno dopo il colpo di scena al processo si punta a capire fino a che livello i vertici dell’Arma fossero a conoscenza del pestaggio subito dal geometra 31enne alla stazione Casilina la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 dopo l'arresto per droga. Per fare luce sul caso verrà interrogato la prossima settimana a piazzale Clodio il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione di Tor Sapienza dove venne portato Cucchi.

Colombo è indagato per falso ideologico e ha subito una perquisizione nei giorni scorsi: a chiamarlo in causa, anche se non direttamente, è stato Francesco Di Sano, il carabiniere scelto della caserma di Tor Sapienza che ebbe in custodia Cucchi e che è stato ascoltato in aula il 17 aprile scorso nel processo a cinque militari dell'Arma (accusati a vario titolo di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia). In quell’occasione il militare, ora indagato anche lui per falso, ammise di aver dovuto ritoccare il verbale sullo stato di salute di Cucchi senza precisare da chi gli fu chiesta la modifica. "Certo il nostro primo rapporto è con il comandante della stazione, ma posso dire che si è trattato di un ordine gerarchico", ha detto in aula Di Sano. 

Ieri è stato il giorno della verità sul caso Cucchi. All'udienza davanti alla Corte d'Assise del processo sulla morte del geometra di 31 anni, Francesco Tedesco, uno dei cinque militari imputati, ha indicato come autori del pestaggio di Cucchi i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, accusati con Tedesco di omicidio preterintenzionale e di abuso di autorità e ha detto che il maresciallo Roberto Mandolini e il carabiniere Vincenzo Nicolardi erano a conoscenza di quanto avvenuto.

Il Vice Brigadiere Tedesco e i Carabinieri Scelti D'Alessandro e Di Bernardo sono stati sospesi precauzionalmente dall'impiego, decisione discrezionale connessa a procedimento penale, nel febbraio 2017, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità contro arrestati. La misura, si apprende in ambienti dell'Arma dei Carabinieri, non è stata adottata nei confronti del Maresciallo Capo Mandolini e dell'Appuntato Scelto Nicolardi, imputati per falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e calunnia aggravata, poiché per quei reati non era possibile.

Nel corso del procedimento penale, il G.U.P. del Tribunale di Roma ha rilevato la prescrizione in ordine al reato di abuso di autorità contro arrestati o detenuti contestato a Tedesco, D'Alessandro e Di Bernardo, pronunciando sentenza di proscioglimento. Così, essendo la vicenda penale irrevocabilmente conclusa per quel reato, si è proceduto all'esame del giudicato penale, obbligatorio ai sensi di legge. Il 13 aprile 2018 è stata acquisita la sentenza, il 6 luglio 2018, è stata decisa e avviata un'inchiesta formale a carico dei tre militari, con contestazione degli addebiti fra il 9 e il 10 luglio 2018. Il termine per concludere l'inchiesta scade l'8 gennaio 2019.

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