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La giurista: "Whatsapp e Skype non sostituiscono incontri con figli"

20 novembre 2018 | 15.17
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Soluzioni tecnologiche come Whatsapp e Skype non possono "sostituirsi integralmente agli incontri periodici tra i figli minori e i propri genitori”. E' la giurista Alessandra Gatto a sottolinearlo nella pubblicazione 'Social network, skype, nuovi media nelle relazioni familiari' (Casa Editrice Giuffrè), soffermandosi sul tema dei tempi 'paritetici' tra i genitori separati nel rapporto con i figli contemplato nel ddl Pillon. Gatto ricorda che i più moderni mezzi di comunicazione "permettono contatti quotidiani e continui tra persone lontane, favorendo, nel caso di genitori e figli, il mantenimento di quel legame relazionale essenziale per lo sviluppo sereno ed equilibrato del minore”.

Tuttavia, rileva la giurista, "deve comunque affermarsi che le moderne tecnologie, pur potendo incentivare e favorire la continuità e la crescita del rapporto affettivo tra un genitore e un figlio che si trovino in località assai distanti, non sono tuttavia idonee, come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, a sostituirsi integralmente agli incontri periodici tra i figli minori e i propri genitori”.

Nel caso di trasferimento all'estero di uno dei genitori, Gatto si sofferma poi sulla rilevanza riconosciuta dal nostro ordinamento al diritto della persona di modificare la propria residenza e alla problematica relativa al trasferimento all’estero del minore, osservando a tal proposito che "riguardo al diritto del genitore di trasferire la propria residenza, è opportuno sottolinearne la rilevanza costituzionale: il primo comma dell’art. 16 Cost. proclama la libertà di ogni cittadino di circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale. Questo diritto può essere limitato dalla legge per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può poi aver luogo per ragioni politiche. Il secondo comma riconosce inoltre a ogni cittadino il diritto di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge".

La libera circolazione è contemplata anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 18 dicembre del 2000. Questa può subire limitazioni esclusivamente nei casi previsti dalla legge: per esempio nel supremo interesse del minore. In particolare, "il trasferimento di residenza può essere contrario all’interesse del minore qualora pregiudichi i rapporti dello stesso con il genitore non collocatario, ledendo così il diritto del minore alla bigenitorialità", sottolinea Gatto.

"Inoltre, il pregiudizio al superiore interesse del minore - aggiunge la giurista - può altresì verificarsi qualora il trasferimento di residenza del genitore collocatario possa, più generalmente, privare il minore, con esiti assolutamente negativi in relazione alle circostanze concrete, dell’ambiente di vita in cui lo stesso è cresciuto e si è formato". Il mutamento di un ambiente o l'allontanamento da parenti ed amici potrebbe risultare "assai pregiudizievole per un sereno e equilibrato sviluppo psico-fisico” di un minore.

Il disegno di legge Pillon, all'art. 14, prevede che “il trasferimento del minore, il suo cambiamento di residenza e la sua iscrizione a un istituto scolastico siano sempre soggetti al preventivo consenso scritto di entrambi i genitori, ovvero alla decisione del giudice tutelare in caso di mancato accordo”. Quindi non solo riconosce l’inefficacia giuridica di qualsiasi trasferimento del minore non autorizzato in via preventiva da entrambi i genitori o dal giudice, ma sancisce una presunzione di “contrarietà all’interesse del minore” del suddetto trasferimento. Il legislatore, si desume dalla pubblicazione della Gatto, presume quindi la contrarietà al benessere del minore di un trasferimento non concordato, ciò al fine di dissuadere i genitori dal tenere comportamenti che possano dar luogo ad eventi assai traumatici per i figli derivanti, a volte, da un improvviso cambiamento di ambiente e di abitudini, pregiudicando, non di rado, il rapporto con l’altro genitore.

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