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Hacker cinesi spiano esperti Usa per proteggere i loro investimenti petroliferi in Iraq

08 luglio 2014 | 16.37
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L'interesse di Pechino per quanto sta accadendo a Baghdad e in particolare alle raffinerie del Paese sarebbe strettamente legato alla 'sete' di petrolio del gigante asiatico, che lo scorso settembre ha superato gli Stati Uniti quale principale importatore mondiale di greggio e di altri combustibili liquidi.

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In piena crisi irachena gli hacker cinesi spiavano gli esperti di questioni mediorientali dei principali think tank di Washington. E' quanto hanno scoperto i ricercatori dell'azienda di cybersecurity CrowdStrike, secondo la quale il gruppo di hacker che sarebbe dietro ai casi di spionaggio, ribattezzato 'Deep Panda', sarebbe riconducibile al governo cinese. La CrowdStrike, senza fare i nomi dei think tank infiltrati dagli hacker cinesi, riferisce di avere registrato un "radicale" cambiamento nei comportamenti di Deep Panda il 18 giugno scorso, lo stesso giorno nel quale dall'Iraq giungeva la notizia che i ribelli sunniti dell'Isil avevano preso il controllo della principale raffineria del Paese.

Il gruppo di hacker cinesi in passato si era concentrato su alcuni esponenti di rilievo dei think tank esperti di questioni asiatiche, spiega Dmitiri Alperovitch, uno dei responsabili di CrowdStrike. Ma il mese scorso, improvvisamente, Deep Panda ha iniziato a prendere di mira personalità che hanno legami con l'Iraq e le questioni mediorientali. La ragione dell'interesse cinese per quanto sta accadendo in Iraq sarebbe strettamente legata alla 'sete' di petrolio del gigante asiatico, che lo scorso settembre ha superato gli Stati Uniti quale principale importatore mondiale di greggio e di altri combustibili liquidi. In Iraq, la Cina è uno dei principali investitori stranieri nel settore petrolifero. "Non ci sarebbe da sorprendersi del fatto che il governo cinese sia molto interessato a capire quali possibilità vi siano di un maggiore coinvolgimento militare degli Stati Uniti, che possa contribuire a proteggere l'infrastruttura petrolifera cinese in Iraq", spiega Alperovitch.

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