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Cristiani in fuga da Mosul, appello di Riccardi per un intervento umanitario internazionale

29 luglio 2014 | 12.59
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Il fondatore della Comunità di S. Egidio: "La guerra americana all'Iraq ha distrutto un 'contenitore' terribile, dentro il quale i cristiani avevano comunque trovato uno spazio comune per vivere". Il sottosegretario Rossi: "Ha ragione, dobbiamo aiutarli". Ma padre La Manna del centro Astalli frena: "Proposta buona, ma non vorrei diventasse un alibi per non accoglierli"

(Xinhua)
(Xinhua)

Un'iniziativa internazionale per assistere i cristiani in fuga da Mosul, sfollati nella piana di Ninive o profughi in Kurdistan. A chiederla è Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S.Egidio, che apprezza la disponibilità data dal governo francese a concedere il diritto di asilo ai cristiani iracheni.

"In questo momento il problema fondamentale è quello di sostenere la presenza dei cristiani in Iraq e in Siria, prima ancora di occuparsi di quelli che arriveranno in Europa. Il governo francese ha compiuto un gesto molto nobile, che riafferma l'attenzione europea nei confronti dei cristiani di Mosul, tuttavia è necessario in primo luogo ipotizzare un intervento umanitario sul posto: non solo in Iraq ma anche in Siria". Riccardi, promotore di un appello per Aleppo, è quindi convinto "che in questa fase la priorità sia dare un sostegno alla presenza cristiana in Iraq e in Siria. Bisogna dire con franchezza che la guerra americana all'Iraq ha distrutto un 'contenitore' terribile, dentro il quale i cristiani avevano comunque trovato uno spazio comune per vivere". Rispetto a pochi decenni or sono, la presenza cristiana nell'area "si è ridotta della metà". In Iraq, in Siria, in Kurdistan "siamo in presenza di una grave questione umanitaria che va affrontata sul posto. E anche nei confronti dei cristiani che si sono rifugiati in Libano - conclude Riccardi - dovremmo avere una peculiare attenzione".

Il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi concorda ''con l'appello di Riccardi posto a mettere al centro dell'attenzione l'esigenza di assistere i cristiani in fuga di fronte ad una chiara persecuzione nei loro confronti, nonché ad assicurare forme di sostegno alla loro presenza in Iraq e Siria". "Si tratta - dice Rossi all'Adnkronos - di un dovere non solo sotto il profilo umanitario, ma anche in linea con i nostri fondamentali valori cristiani".

Qualche perplessità la esprime invece padre Giovanni La Manna, presidente del centro Astalli, la struttura dei gesuiti preposta all'accoglienza dei migranti e rifugiati: "Aiutare i cristiani direttamente in Iraq o in Siria? Tutto bene e tutto giusto -afferma il religioso all'Adnkronos- Ma non vorrei che la proposta in sé buona diventasse un alibi per chi non vuole accogliere i profughi, siano essi cristiani o musulmani, qui in Europa".

"In Iraq come in Siria, in Palestina come in Libia, la diplomazia è colpevolmente assente. Dobbiamo essere onesti: in quei contesti, facciamo fatica, non abbiamo credibilità - afferma La Manna - Il vuoto della diplomazia dimostra tutta la nostra povertà culturale e umana".

"Salviamo le persone in quanto tali, al di là di etnie, religioni o luoghi di provenienza: sono tutte persone innocenti, che pagano per conflitti che spesso si tenta di vendere come 'guerre di religione' ma che con la fede non c'entrano nulla. Sono ben altri gli interessi in campo, spesso inconfessabili, che si cerca di camuffare - denuncia il presidente del Centro Astalli - La vita di ogni uomo e ogni donna è sacra, indipendentemente dalla sua fede religiosa; e vanno salvati senza alcuna distinzione".

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