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Rap e Islam, da Al Qaeda all'Isil è tutta un'altra musica

23 agosto 2014 | 18.29
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La cover di un album dei Soldiers of Allah
La cover di un album dei Soldiers of Allah

Se si pensa che i talebani avevano vietato la musica e distrutto anche qualche negozio di dischi, ripudiando ogni simbolo della cultura occidentale, si capisce come il sospetto che il boia del reporter americano James Foley possa essere il rapper londinese 23enne Abdel-Majed Abdel Bary evidenzi il cambiamento nelle strategie di reclutamento dalla prima Al Qaeda all'Isil. I jihadisti dello Stato Islamico (Isil) sembrano aver allentato le maglie del reclutamento proprio in favore di un utilizzo massiccio e più spregiudicato dei linguaggi giovanili occidentali (la musica, soprattutto rap, e i social network in particolare) per attirare al fondamentalismo le seconde generazioni residenti in Usa, Gran Bretagna, Francia e pure in Italia.

Il legame tra rap e islam è forte già da molti anni e di rapper musulmani (che non inneggiano alla jihad ma fanno riferimento esplicito all'Islam) sono piene anche le classifiche (da Ice Cube, con i suoi oltre 13 milioni di dischi venduti, a Ghostface Killah, che di dischi ne ha venduti più di 6 milioni, a Busta Rhymes, a Q-Tip, per citarne alcuni). Esistono anche siti specializzati: da www.muslimrap.net alla web radio www.muslimhiphop.net. E non bisogna faticare molto per trovare in rete artisti di cabotaggio inferiore che hanno testi decisamente jihadisti.

In fenomeno non è nuovo neanche all'Italia. Non è trascorso nemmeno un anno, infatti, da quando nell'ottobre scorso Anas El Abboubi, 20 anni, marocchino trapiantato quando aveva meno di un anno in provincia di Brescia sparì dalla circolazione, dopo essere stato arrestato nel giugno 2013 nella sua casa di Vobarno proprio per la propaganda filo jihadista diffusa attraverso i social network ed essere poi stato rimesso in libertà perché gli indizi a suo carico erano stati considerati fragili. "Il martirio mi seduce, voglio morire a mano armata, tengo il bersaglio sulla Crociata…", rappava ArAbboubi. Che dopo circa un mese, nel novembre scorso, riapparve su Facebook con il nome di Anas Al Italy, con il volto avvolto nella keffiah e un kalashnikov tra le braccia, annunciando di trovarsi ad Aleppo e spiegando in un audio 'postato' sul social network la sua decisione di abbracciare la sharia e la lotta armata con i ribelli Siriani.

Insomma la composizione di versi inneggianti ad Allah con l'andamento e la metrica proprie del genere musicale dei ghetti tanto in voga in Occidente sembra diventato uno degli strumenti della nuova campagna di reclutamento jihadista tra i giovani occidentali immigrati di seconda generazione ma non solo.

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