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Usa: Secret Service nella bufera, accuse degli agenti ad ex direttore

02 ottobre 2014 | 16.26
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Le dimissioni del capo del Secret Service Julia Pierson, travolta dallo scandalo della nuova, clamorosa, intrusione alla Casa Bianca, mostrano come Barack Obama abbia finalmente ammesso quello che per troppo tempo ha negato, cioè che il corpo preposto a proteggerlo è ormai allo sbando. Si tratta della peggiore crisi affrontata dalle 6700 guardie del corpo del presidente dall'attentato a Ronald Reagan 30 anni fa, ma i problemi che sono ora pubblicamente emersi hanno radici profonde.

Non a caso in queste settimane sono state le lamentele e rivelazioni che, coperti dall'anonimato, singoli agenti hanno fatto arrivare a membri del Congresso e media a far crescere lo scandalo fino alle dimissioni obbligate di ieri della Pierson, arrivata alla guida del Service solo 18 mesi fa. Allora la scelta di nominare una donna, la prima, non era stata casuale, dal momento che si doveva rispondere ad un altro imbarazzante scandalo, quello delle serate trascorse con escort dagli agenti che seguivano Obama in una missione a Cartagena in Colombia.

Ma con la Pierson non è arrivato il cambiamento sperato, anche perché nei suoi 30 anni nel Service - lamentano ancora gli agenti - ha svolto ben poco servizio attivo, avendo soprattutto incarichi burocratici, fino a diventare assistente del direttore costretto alle dimissioni per lo scandalo delle escort. "Io rispetto il lavoro della Pierson, ma non ha svolto servizio di protezione per 20 anni, non sa nulla di come si pianifica la sicurezza dopo l'11 settembre", afferma uno dei funzionari del servizio, ricordando come la Pierson tendesse sempre a ridurre il numero di agenti e le misure di sicurezza richieste sia per la protezione a Washington che per le missioni all'estero.

Sono molti gli esempi che gli agenti citano, come quello della decisione di ridurre di un terzo il numero degli agenti preposti al controllo del perimetro intorno alla Casa Bianca, che doveva essere di 100, secondo le raccomandazioni fatte dai team tattici. La Pierson arrivò addirittura ad arrabbiarsi perché erano state proposte quelle che riteneva misure di sicurezza eccessive per il summit dei leader africani di questa estate alla Casa Bianca. E persino nei giorni scorsi, in occasione della pianificazione delle misure di sicurezza per la visita di ieri a Washington di Benjamin Netanyahu, non ha accolto la richiesta di chiudere la strada dell'albergo del premier israeliano, cedendo invece alle pressioni del sindaco che non voleva provocare disagi al traffico cittadino.

Il numero e il tono delle rivelazioni degli agenti evidenzia un alto livello di frustrazione tra gli addetti che devono affrontare una costante carenza di organico, che spesso li costringe a rinunciare al riposo settimanale. Resta da vedere se la nomina da parte di Obama come direttore ad interim di Joseph Clancy, un agente ora in pensione, che fino a qualche anno fa è stato il capo scorta del presidente George Bush, riuscirà a placare gli animi ed avviare una vera riforma del Service.

Sarà forse solo per solidarietà maschile, ma su "Joe" si raccolgono solo giudizi positivi tra gli ex colleghi: "Joe è un leader che ha provato il suo valore sul campo, mi aspetto che questo livello di impegno e professionalità abbia il suo impatto sugli agenti", ha affermato Jon Adler, presidente dell'associazione degli agenti di sicurezza federali. "E' difficile trovare qualcuno che possa dire qualcosa di male su Joe", gli fa eco un agente, che però ritiene che questo potrebbe essere il suo tallone d'Achille: "A lui non piacciono i conflitti e se si deve fare pulizia in casa, lui non è la persona giusta per farlo".

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