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Iran, un anno di carcere per una partita di volley: condannata 25enne

02 novembre 2014 | 13.06
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Ghoncheh Ghavami è stata arrestata a giugno mentre cercava di entrare allo stadio di Teheran per assistere alla partita di pallavolo maschile Iran-Italia. L'accusa è di propaganda contro il regime

Ghoncheh Ghavami (Facebook)
Ghoncheh Ghavami (Facebook)

Una giovane donna irano-britannica, Ghoncheh Ghavami, è stata condannata ad un anno di carcere dal tribunale di Teheran con l'accusa di "propaganda" contro il regime, dopo essere stata arrestata in giugno mentre cercava di entrare allo stadio per assistere ad una partita di volley contro l'Italia. In base all'interpretazione iraniana della legge islamica, alle donne è proibito mischiarsi agli spettatori maschi per assistere ad eventi sportivi. Su Facebook è partita la campagna per chiedere la liberazione della ragazza.

Ghoncheh, 25 anni, è stata arrestata il 20 giugno mentre cercava di entrare allo stadio Azadi di Teheran assieme ad un gruppo di attiviste per i diritti delle donne. Interrogata per quattro ore e poi rilasciata, la giovane è stata riarrestata alcuni giorni dopo quando si è recata alla stazione di polizia per riprendere gli effetti personali e gli agenti hanno scoperto che Ghoncheh ha anche la nazionalità britannica. La ragazza è stata condotta nella tristemente famoso carcere politico di Evin, dove ha anche trascorso 41 giorni in isolamento. Le autorità negano che le accuse contro la giovane siano legate alla partita di volley, ma è soltanto il 23 settembre che Ghoncheh è stata informata dell'accusa di propaganda contro il regime.

Laureata in legge a Londra dove viveva, la giovane era venuta in Iran per partecipare ad un programma di alfabetizzazione dei ragazzi di strada.

Una petizione online organizzata dalla famiglia Ghavami ha già ricevuto 600mila firme e la vicenda è stata denunciata da Amnesty International. Ghoncheh, che ha fatto anche uno sciopero della fame di due settimane, ha potuto vedere il suo avvocato solo due giorni prima del processo, ha detto il fratello Iman. I familiari non sono potuti entrare in aula durante i 90 minuti del processo. Al termine hanno potuto incontrare la ragazza per una ventina di minuti, ha denunciato la madre Susan, che ha baciato a lungo la figlia. "Ghonceh continuava a baciare il nonno che non vedeva da 109 giorni e piangeva", ha raccontato ancora la madre.

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