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Usa: Obama battuto al Senato, fermata la sua riforma della Nsa

19 novembre 2014 | 09.19
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In aula sono venuti a mancare i 60 voti necessari a far procedere la discussione sul Freedom Act, la legge con cui l'amministrazione democratica intende mettere dei limiti alla capacità di raccolta di dati da parte dell'agenzia finita al centro di uno scandalo globale dopo le rivelazioni sui suoi controversi programmi fatte da Edward Snowden.

Barack Obama (Foto Infophoto)
Barack Obama (Foto Infophoto)

Dura sconfitta per Barack Obama al Senato dove è stato bloccato il cammino della riforma della National Security Agency, l'agenzia di intelligence preposta alle intercettazioni finita al centro di uno scandalo globale dopo le rivelazioni sui suoi controversi programmi di ascolto fatte da Edward Snowden. In aula infatti ieri sono venuti a mancare i 60 voti necessari a procedere alla discussione sul Freedom Act, la legge con cui l'amministrazione democratica intende mettere dei limiti alla capacità di raccolta di dati da parte della Nsa.

Il voto appare destinato a mettere a rischio la sopravvivenza della riforma dal momento che sono le ultime settimane in cui i democratici hanno il controllo del Senato, dopo la vittoria elettorale repubblicana dello scorso 4 novembre. Da gennaio infatti il Grand Old Party avrà il controllo dell'intero Congresso e si prevede quindi che sarà più difficile che la riforma possa essere approvata. Anche perché, sottolineano gli esperti, negli ultimi mesi vi è stato anche un cambiamento nell'opinione pubblica americana, con l'aumentare delle preoccupazioni e delle paure per un eventuale attacco terroristico provocate dall'ascesa dello Stato Islamico.

Patrick Leahy, il democratico che fino alla fine del mese guiderà la commissione Giustizia della Camera, che è uno dei firmatari della riforma, ha comunque affermato che non intende "rinunciare alla lotta" per farla approvare, non escludendo di poter tentare di nuovo un passaggio in aula nelle prossime settimane. Ma sono molti a Capitol Hill ad essere convinti che, almeno fino all'insediamento del nuovo Congresso, non ci siano speranze per la riforma della Nsa.

L'Usa Freedom Act, che avrebbe vietato la raccolta da parte della Nsa di dati telefonici di milioni di americani che non sono sospettati di alcun crimine, ha ottenuto 58 voti ieri in aula, due i meno della maggioranza qualificata dei due terzi che avrebbe permesso di procedere alla vera e propria approvazione, questa volta a maggioranza semplice. A votare contro sono stati 40 repubblicani ed un democratico, e colpisce che a guidare la mobilitazione per il 'no' non sia stato solo il futuro leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell - convinto che la riforma limitasse troppo la capacità di azione dell'intelligence di contrastare la minaccia terroristica - ma anche Rand Paul, anche se per motivi opposti.

In nome del credo libertarian ereditato dal padre, l'ex deputato texano e candidato presidenziale Ron Paul, il senatore, considerato da molti in corsa per la Casa Bianca, è sempre stato un oppositore del Patriot Act, la mega legge anti-terrorismo approvata dopo l'11 settembre che contiene le misure che autorizzano i programmi di controllo della Nsa e che la riforma avrebbe limitato. Paul ha spiegato però di aver votato contro la riforma perché, a suo parere, avrebbe rafforzato invece di limitare la possibilità della Nsa di controllare i telefoni degli americani.

Salvo poi pentirsi subito dopo per aver contribuito ad affossare la legge. Non è comunque sfuggito ai più maligni osservatori politici come in questo modo Paul si sia allineato con il prossimo futuro leader del Congresso, ed importante alleato di una sua eventuale discesa in campo per le presidenziali. McConnell infatti attraverso il suo braccio destro Steven Law controlla Crossroad Gps, uno dei principali Super Pac repubblicani che potrà essere cruciale nella battaglia per la nomination nel 2016.

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