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Ferguson, Obama: 'Nessuna scusa per le violenze'

26 novembre 2014 | 08.10
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Il presidente torna a rivolgere un appello alla calma. Parla per la prima volta l'agente che il 9 agosto scorso sparò e uccise il 18enne di colore. In un'intervista rilasciata all'emittente tv Abc News, si è detto dispiaciuto per la perdita di una vita, ma di avere la coscienza pulita Manifestazioni nelle principali città Usa (Video/Fotogallery)

(Foto Xinhua)
(Foto Xinhua)

(Ses/AdnKronos)

"A quelli che pensano che quello che è successo a Ferguson sia una scusa per la violenza dico che non ho per loro nessuna solidarietà, nessuna solidarietà per chi distrugge le proprie comunità". Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama torna a rivolgere un appello alla calma diretto alle decine di migliaia di persone che stanno protestando in Missouri e in tutta l'America contro la decisione del grand jury di non incriminare il poliziotto che uccise Mike Brown.

Una frustrazione che "ha radici profonde nelle comunità delle persone di colore che hanno la sensazione che le nostre leggi vengano applicate in modo uniforme o giusto. Ci sono modi produttivi di rispondere ed esprimere queste frustrazioni e ci sono modi distruttivi bruciare gli edifici, dare fuoco alle macchine, distruggere proprietà e mettere le persone a rischio, questi sono modi distruttivi che non possono essere scusati. Sono azioni criminali e le persone - conclude Obama - devono essere perseguite se compiono atti criminali".

In attesa della decisione a Casa Bianca sull'opportunità che Obama vada a Ferguson, il presidente ha inviato un messaggio alla popolazione del sobborgo di St. Louis affinché possano "andare avanti, cercare di organizzarsi, mobilitarsi e rivolgere domande importanti su come migliorare la situazione".

Intanto Darren Wilson, l'agente di polizia che il 9 agosto scorso sparò e uccise il 18enne Michael, parla per la prima volta alle telecamere e spiega di non essere tormentato da quanto accaduto: "Il motivo per cui ho la coscienza pulita - dice all'emittente Abc News - è che so di aver fatto il mio lavoro nel modo giusto". "Non credo che sia ossessionante ma rimarrà sempre qualcosa che è accaduto". Wilson si è detto dispiaciuto per la perdita di una vita umana ma ha ribadito di aver fatto il proprio lavoro attenendosi a quanto imparato e si è detto certo del fatto che non avrebbe potuto fare qualcosa in modo diverso.

Intanto a Ferguson, nel Missouri, e in altre città americane, sono scoppiate manifestazioni di protesta per la decisione del Grand Jury di non procedere all'incriminazione di Wilson. Almeno 13 persone sono rimaste ferite nel corso degli scontri della notte di lunedì ed almeno due persone sono state ferite da colpi di arma da fuoco. Nel corso di una conferenza stampa il capo della polizia locale Jon Belmar ha riferito che gli agenti hanno effettuato 29 arresti e che la cittadina ha attraversato la "peggiore notte" di scontri della sua storia recente.

Per i giudici le prove raccolte non sarebbero sufficienti per rinviare a giudizio l'agente. "Non ci sono prove sufficienti" per incriminare o mandare a processo l'agente, ha detto McCulloch, alle 20.15 locali di lunedì (le 3.15 di ieri in Italia) leggendo il verdetto del Grand Jury convocato per giudicare il caso. La famiglia di Brown si è detta "profondamente delusa", ma l'appello alla calma, che si univa a quello lanciato dalle autorità, non è stato ascoltato. Alcuni dei manifestanti che si erano radunati fuori dall'edificio del dipartimento di polizia della cittadina, all'annuncio della decisione del Grand Jury hanno iniziato a lanciare oggetti contro gli agenti. E' stato quello il segnale che ha scatenato le nuove violenze.

Colpi di arma da fuoco, auto della polizia prese d'assalto, edifici in fiamme e il lancio di lacrimogeni hanno nuovamente riempito la cronaca della vita di questo sobborgo di St Louis, per molti divenuto il simbolo di un'America nella quale i rapporti razziali, nonostante la presidenza di Barack Obama, rimangono tesi. La Federal Aviation Authority, per prevenire l'arrivo di manifestanti da fuori città, ha annunciato la cancellazione di alcuni voli diretti a St. Louis. Migliaia di persone hanno però dato vita a proteste in tutto il Paese, scendendo in strada in città come Los Angeles, Philadelphia, Washington e New York.

"Dobbiamo riconoscere che la situazione a Ferguson ci ricorda problemi più ampi che noi ancora fronteggiamo come nazione", ha detto Obama nel discorso pronunciato nella notte dalla Casa Bianca per invitare tutti, dimostranti e poliziotti, alla calma nella cittadina del Missouri. Il presidente ha sottolineato come sia ancora viva la questione razziale e che "in troppe parti del Paese esiste una profonda sfiducia tra le forze dell'ordine e le comunità di colore, in alcuni casi come risultato dell'eredità della discriminazione razziale nel nostro paese".

Dopo aver ricordato in apertura del suo discorso che gli Stati Uniti sono uno stato di diritto e "quindi dobbiamo accettare le decisioni del grand jury", Obama ha riconosciuto che quella presa dalla giuria di Ferguson, di non incriminare l'agente responsabile della morte di Michael Brown, "ha provocato la delusione, la rabbia di molti non solo a Ferguson, ma in tutta l'America". "E' una reazione comprensibile", ha aggiunto sottolineando però come le proteste debbano essere pacifiche, anche per ottenere un cambiamento nel quadro generale delle relazioni razziali.

"E' compito del Grand Jury di separare i fatti dalla fantasia, non esistono prove concrete per presentare nessuna accusa contro Darren Wilson". Così il procuratore di St. Louis, Robert McCulloch, ha annunciato nella conferenza stampa la scorsa notte a Ferguson la decisione presa dai 12 giurati di confermare la tesi dell'autodifesa e quindi non procedere contro l'agente che il 9 agosto scorso uccise Michael Brown, il 18enne afroamericano che era disarmato al momento della colluttazione con il poliziotto.

La decisione del grand jury non è comunque destinata a bloccare l'inchiesta avviata lo scorso settembre dal dipartimento della Giustizia sui fatti di Ferguson. Sono due le inchieste avviate per ordine del ministro della Giustizia, ora uscente, Eric Holder, una sulla sparatoria del nove agosto per stabilire se l'agente abbia violato i diritti civili di Brown ed una sull'intero dipartimento di polizia di Ferguson, accusato dai dimostranti di usare il racial profiling, la pratica di fermare le persone solo in base della loro razza, e di uso eccessivo della forza. Ma secondo fonti citate dal Washington Post appare improbabile che il dipartimento di Giustizia possa procedere contro Wilson.

Parlando di fantasia il procuratore si è riferito al fatto che non sono state considerate credibili le ricostruzioni secondo le quali il giovane, che era stato fermato dall'agente mentre stava camminando con un amico per strada, avrebbe avuto le mani alzate quando Wilson esplose i colpi fatali. Tanto che lo slogan della protesta della scorsa estate e di queste ore è appunto "Hands up, don't shoot', mani in alto non sparate.

"Alcuni testimoni hanno mantenuto la loro dichiarazione riguardo al fatto che Brown aveva le mani alzate e non si muoveva quando l'agente Wilson ha sparato, molti altri hanno detto che non aveva alzato le mani, o lo ha fatto brevemente mettendole subito giù girandosi verso l'agente che allora ha sparato", ha detto ancora il procuratore, illustrando la ricostruzione a cui sono giunti i giurati che nelle loro 25 udienze hanno ascoltato 60 testimoni.

La giuria era composta da sette uomini e cinque donne, nove bianchi e tre afroamericani. Una composizione che può aver giocato un ruolo cruciale nella decisione, dal momento che in Missouri per arrivare all'incriminazione sono necessari almeno 9 voti. La famiglia di Brown ora potrà avviare una causa civile contro Wilson e il dipartimento di polizia. Intanto, come era già trapelato nei giorni scorsi, il capo della polizia di Ferguson ha confermato che Wilson, che nelle scorse settimane si è anche sposato in segreto con una collega, si è dimesso.

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