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Iraq: archeologo Bonacossi, ci aspettavamo distruzione statue Mosul

27 febbraio 2015 | 19.30
LETTURA: 3 minuti

"La domanda era solo quando". Così l'archeologo Pierdaniele Morandi Bonacossi, direttore della missione archeologica dell'Università di Udine in corso nell'Iraq settentrionale, commenta con l'Adnkronos il video che ritrae alcuni estremisti dell'Is che distruggono reperti di inestimabile valore presso il museo di Mosul.

Mosul (Infophoto) - INFOPHOTO
Mosul (Infophoto) - INFOPHOTO

"Purtroppo dal punto di vista di chi si occupa del patrimonio artistico non può che essere tragedia di proporzioni incalcolabili, ma ce lo aspettavamo, perché l'Isis controllava il museo di Mosul già dal giugno dell'anno scorso, di fatto ne erano diventati custodi: la domanda era solo quando". A dirlo all'Adnkronos è Pierdaniele Morandi Bonacossi, direttore della missione archeologica dell'Università di Udine in corso nell'Iraq settentrionale, commentando il video apparso ieri su Internet che ritrae alcuni estremisti dello Stato islamico nel museo di Mosul, intenti a distruggere reperti archeologici dal valore inestimabile risalenti all'antica Assiria.

"In questi giorni -dice l'esperto- si assiste ad una recrudescenza da parte dell'Isis della devastazione dei beni culturali dell'Iraq. Due settimane fa sembra che sia stata distrutta parte delle mura di cinta di Ninive (il nome dell'antica città assira alle porte di Mosul, ndr), anche se poi la cosa è stata smentita da archeologi iracheni". Purtroppo infatti, fa presente Bonacossi, agli archeologi occidentali "non è permesso nemmeno avvicinarsi al museo di Mosul e nemmeno al sito archeologico di Ninive".

Sui motivi che hanno portato i jihadisti ad intensificare gli attacchi al patrimonio culturale di Mosul, Bonacossi fa poi una lucida analisi: "L'Is sa che sta perdendo terreno, sta perdendo controllo del territorio anche in Siria -osserva- e penso che questo sia un momento in cui ha bisogno di rinserrare le fila, e lo fa diffondendo il terrore e la devastazione". Ma c'è anche un'altra ipotesi, che l'esperto definisce "più ottimistica": "Si potrebbe anche pensare che ormai l'organizzazione sappia che è imminente la controffensiva dell'esercito curdo per riconquistare Mosul -conclude il professore- e quindi voglia finire il lavoro 'iniziato' prima di essere cacciata dal territorio".

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