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Pakistan: osservatore Vaticano, Onu fermi ovunque genocidi contro cristiani

16 marzo 2015 | 15.07
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"Nella comunità internazionale scatti il dovere di protezione e in prima linea siano i Paesi della regione, di maggioranza islamica". L'accusa: "Si 'mediatizza' la violenza per farne uno strumento di negoziato politico, ma senza dialogo non si porrà mai la parola fine" di Enzo Bonaiuto

(Infophoto)
(Infophoto)

di Enzo Bonaiuto

"Davanti al genocidio dei cristiani in tanti territori del Medio Oriente, dal cosiddetto Stato Islamico al Pakistan, scatti il dovere di proteggere le persone che incombe sulla comunità internazionale, quando lo Stato o il territorio in cui vivono è in una situazione tale che non c'è la possibilità di proteggerli". E' quanto chiede monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente del Vaticano presso l'Onu a Ginevra, intervistato dall'AdnKronos dopo l'ultima azione terroristica compiuta dai fondamentalisti islamici a Lahore, con due attacchi suicidi in altrettante chiese che hanno provocato decine di morti e di feriti fra i cristiani.

Premette il diplomatico della Sante Sede: "L'uso della forza è sempre la 'extrema ratio' perché la violenza non genera mai cose positive ma accresce i problemi e porta ad altra violenza. L'ideale è trovare una soluzione politica, per un cammino razionale e di buon senso che possa proteggere gli interessi di tutti. Ma se questo non si rivela possibile, se le circostanze attuali non lo permettono, se continua questo attacco sistematico ai cristiani sotto forma quasi di genocidio, allora scatta la responsabilità della comunità internazionale di come proteggere la vita e i diritti fondamentali di queste persone. Come? Non tocca alla Chiesa cattolica dire cosa fare, è l'Onu con le sue strutture che deve decidere".

'In prima linea siano i Paesi della regione, di maggioranza islamica'

Sottolinea monsignor Tomasi: "Questi gruppi fondamentalisti, più fanatici, la maggior parte dei quali legati al cosidetto Is, stanno perpetrando un vero e proprio genocidio, facendo 'piazza pulita' di gruppi di persone che non la pensano come loro e che hanno un'identità storica diversa dalla loro. Deve scattare un obbligo di intervento protettivo nei loro confronti. La responsabilità di decidere come articolare questo intervento toccherà alle strutture che la comunità internazionale si è data, ovvero all'Assemblea Generale e al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. E' attraverso questo cammino che dovrà essere possibile trovare una risposta".

Per il diplomatico della Santa Sede, data "la delicatezza degli equilibri e della situazione in Medio Oriente, per trovare una risposta concreta a livello operativo, dovranno essere in prima linea i Paesi della regione, affinché non si dia l'impressione di una nuova invasione del loro territorio senza portare risultati stabili. Se invece - avverte - non ci fossero Paesi di maggioranza islamica che si impegnano a trovare una risposta comune con altri Paesi, sempre nel contesto internazionale legittimato dall'ok delle Nazioni Unite, trovare una soluzione concreta diventerà molto problematico".

'Si mediatizza la violenza per farne uno strumento di negoziato politico'

Per monsignor Silvano Maria Tomasi, "l'ideale è far emergere la volontà politica di mettersi insieme per fermare la violenza: allora, tutti i Paesi ne beneficerebbero; ora ci sono troppi rifugiati, milioni di profughi dalla Siria come dall'Iraq; ci sono crimini commessi contro donne, bambini e persone innocenti. Questa violenza continua e sembra che venga 'mediatizzata' in modo che diventi addirittura uno strumento di negoziato politico: sono cose inaccettabili cui occorre porre fine".

Se "la situazione è veramente complessa, il risultato è purtroppo ben chiaro: c'è troppa violenza. Questo è un dato concreto e questa violenza viene diretta in particolare contro le comunità cristiane, anche se non sono le sole vittime. E' impossibile continuare in questo modo, senza che il mondo si preoccupi di come proteggere la vita e i diritti di queste persone. C'è una intransigenza culturale e ideologica che porta a utilizzare la violenza come mezzo di dominio e come risposta alle differenze che esistono in Medio Oriente: è una tragedia e la stiamo sperimentando".

'Ma senza dialogo non si porrà mai fine alla violenza'

Monsignor Tomasi riferisce che "al Consiglio dei diritti umani dell'Onu a Ginevra, stiamo cercando di far avanzare l'idea che qualsiasi persona, di qualsiasi fede o di nessun credo religioso, ha una dignità innata che comporta diritti umani fondamentali che devono essere rispettati; e il primo di questi diritti è il diritto alla vita e subito dopo quello alla libertà di religione e di espressione. Stiamo cercando di trovare un modo di percepire la situazione corrente che parta da questo assunto, dal rispetto delle persone e dei loro diritti, in Paesi nei quali vivono da secoli come cittadini e come parte della società, con gli stessi diritti e doveri di tutti".

L'osservatore permanente del Vaticano presso l'Onu a Ginevra non si nasconde che "si tratta di un concetto che fa fatica a entrare, ma è la strada che apre la possibilità di un futuro diverso dalle violenze del presente. Si sta cercando di intavolare un discorso di comprensione e di ricerca di 'players' attivi in Medio Oriente perché la situazione è veramente complessa: ci sono varie forze che cercano di interagire a livello politico, a livello culturale e a livello religioso, ed è difficile individuare chi è responsabile e in quale direzione va".

Una cosa, per l'esponente vaticano, "è certa: si intrecciano una varietà di situazioni e di problemi che creano una risposta irrazionale. Ma non si riesce a portare attorno a un tavolo coloro che rappresentano gli interessi politici e militari in questa parte del mondo. Senza dialogo - conclude monsignor Silvano Maria Tomasi - non è possibile trovare una strada che metta fine alla violenza".

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