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Russia: GM lascia il Paese ma il Cremlino ostenta sicurezza

19 marzo 2015 | 15.37
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Mentre i ministri assicurano che il peggio per l'economia russa è passato, il presidente Putin, nel suo intervento al Congresso dell'Unione degli industriali e degli imprenditori, assicura massima libertà alle realtà produttive come strumento contro le sanzioni

Vladimir Putin al Congresso degli  industriali e degli imprenditori
Vladimir Putin al Congresso degli industriali e degli imprenditori

La General Motors lascia la Russia. La compagnia di auto americana a cui fa capo anche la Opel ha anticipato la chiusura dello stabilimento di San Pietroburgo che aveva aperto nel 2008 entro metà anno e lo stop all'assemblaggio di alcuni modelli della Chevrolet negli impianti della Gaz a fronte del calo delle vendite registrato, anche da altre marche, incluse quelle russe, per il secondo anno consecutivo. Il marchio Opel sarà ritirato dal mercato russo entro fine anno e i modelli Chevrolet venduti in Russia saranno limitati a quelli di lusso esportati insieme alle Cadillac. La notizia è arrivata a Mosca in coincidenza con il Congresso dell'Unione degli industriali e imprenditori russi e della Settimana degli affari a cui, oggi, è intervenuto anche il presidente Putin che ha colto l'occasione per rilanciare il patto fra stato e imprese, a cui ha promesso maggiori libertà, come strumento per superare la crisi e le sanzioni.

Il suo portavoce Dmitry Peskov ha detto che se da una parte la decisione della GM genera "preoccupazione" (la chiusura della fabbrica lascerà un migliaio di persone senza lavoro), dall'altra, ha sottolineato, "non c'è mai un vuoto sul mercato: se una compagnia lascia, ne arrivano altre a occupare il suo posto e questa si trova svantaggiata quando il mercato riprende". Nei mesi scorsi hanno annunciato tagli alla produzione in Russia anche Ford e Nissan. Il mercato delle auto russe (AvtoVAZ, Kamaz e Gaz) è crollato del 40 per cento, come ha riferito oggi il consigliere del Cremlino Andrei Belousov, precisando che l'industria riuscirà a tenere evitando riduzioni dell'occupazione se quest'anno la contrazione si ridurrà al 20-25 per cento anche grazie agli aiuti assicurati dallo stato.

Putin ha quindi lanciato un piano per la creazione di un clima favorevole agli investimenti e per la stabilizzazione dell'economia, un piano che include "una serie di misure in sostegno di piccole, medie e grandi imprese" e lo stanziamento di un Fondo anti crisi da 234 miliardi di rubli indirizzato soprattutto alle "realtà produttive strategiche, per stimolare alcuni settori dell'economia, la piccola e media impresa e il mercato del lavoro".

"E' solo attraverso una partnership fra stato e impresa che saremo in grado di superare la situazione economica sfavorevole e registrare una crescita stabile, un obiettivo impossibile senza fiducia, comprensione comune degli obiettivi strategici della nazione e la considerazione degli interessi reciproci", ha affermato di fronte alla platea degli industriali e degli imprenditori russi, annunciando l'estensione del termine per la presentazione delle richieste per l'amnistia sui capitali investiti in attività basate all'estero oltre il primo aprile. A questo proposito, Putin ha denunciato "informazioni allarmanti" provenienti da alcuni paesi su tentativi per ostacolare il rientro dei capitali in Russia e confermato che nessuno "metterà il naso" nelle fonti dei capitali fatti rientrare. Però, "il pericolo che il trasferimento dei capitali sia bloccato esiste", ha detto, quasi a voler mettere le mani avanti per spiegare un eventuale insuccesso del programma che aveva annunciato alla fine dello scorso anno (nel 2014 la fuga dei capitali dalla Russia ha raggiunto la cifra record di 150 miliardi di dollari, contro i 60 dell'anno precedente secondo i dati della Banca centrale).

" Una maggiore libertà per le imprese è la risposta migliore ai limiti e alle sfide imposte dall'esterno. Quindi continueremo a creare le condizioni più favorevoli per coloro che sono pronti a investire per l'economia e l'industria nazionale, nello sviluppo di tecnologie e nella creazione di nuovi posti di lavoro", ha garantito il presidente, rilanciando il modello di sviluppo economico basato sul sostegno dello stato e la cooperazione fra stato e realtà produttive "così come è stato almeno negli ultimi dieci anni".

Nella stessa occasione, il ministro delle finanze Anton Siluanov ha assicurato che "è passato il peggio" per l'economia russa, colpita dalle sanzioni occidentali e dal calo del prezzo del petrolio. Anche se il prodotto interno lordo è sceso dell'1,5 per cento, su base annua, a gennaio, e se la Banca centrale prevede per il 2015 una contrazione del 3,5-4 per cento, "ci sono alcuni segni di stabilizzazione", ha precisato. "La fine dello scorso anno e l'inizio di questo sono stati particolarmente difficili con la volatilità dei cambi, e il valore dei nostri asset in netto declino", ha spiegato. Il rublo è risalito a 60 per un dollaro (era arrivato a 80 a metà dicembre) limitando la perdita del suo valore sulla moneta americana dall'inizio del 2013 al 40 per cento.

Anche il ministro dell'Economia Aleksei Ulyukayev ha parlato di segni positivi, anticipando la possibilità di una inversione di tendenza nella fuga dei capitali che, ha detto, nel 2015 potrebbe assestarsi sotto dei 100 miliardi di dollari e nell'andamento dell'inflazione che comunque ha raggiunto il 16,7 per cento su base annua. Il ministro ha assicurato, contrariamente alle previsioni della Banca centrale, che l'economia tornerà a crescere nel 2016. Secondo Siluanov, nel 2015 l'inflazione potrebbe scendere all'11-12 per cento.

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