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Terrorismo: allarme Onu, sono 25mila i combattenti stranieri

02 aprile 2015 | 11.21
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Nel documento si sottolinea come questo ponga una minaccia immediata alla sicurezza globale: solo tra la metà del 2014 e il mese di marzo il numero dei foreign fighters è salito del 71 per cento. Iraq e Siria "vere e proprie scuole di perfezionamento per gli estremisti"

(Infophoto) - INFOPHOTO
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Sono 25mila i combattenti stranieri che si sono uniti ai jihadisti dello Stato Islamico e di Al Qaeda in Iraq, Siria, Libia e Pakistan, il numero più alto mai registrato finora. L'allarme arriva dall'Onu, in un rapporto in cui si precisa che gli aspiranti combattenti partiti per il fronte provengono da 100 diversi paesi.

Nel documento, riferisce la Bbc, si sottolinea come questo ponga una minaccia immediata alla sicurezza globale: solo tra la metà del 2014 e il mese di marzo 2015 il numero dei foreign fighters è salito del 71 per cento. In Iraq e Siria se ne contano 22mila, mentre si ritiene che siano circa 6500 quelli che combattono in Afghanistan. In Yemen, Libia e Pakistan se ne conterebbero a centinaia.

Molti di questi combattenti provengono da Tunisia, Marocco, Francia e Russia ma cresce anche il numero di quanti arrivano dalle Maldive, dalla Finlandia, da Trinidad e Tobago. Il rapporto esorta la comunità internazionale a rafforzare la collaborazione tra i servizi di intelligence e lo scambio di informazioni per arrivare all'identificazione dei foreign fighters e mette in guardia contro il rischio legato alla dispersione di questi combattenti nei vari paesi del mondo una volta che lo Stato islamico sarà stato sconfitto in Iraq e Siria.

Il rapporto messo a punto dagli esperti incaricati del monitoraggio sulle sanzioni contro Al Qaeda definisce quindi l'Iraq e la Siria "una vera e propria scuola di perfezionamento per gli estremisti" e avverte delle conseguenze di un rientro nei paesi di provenienza dei foreign fighters: se i governi si concentrano attualmente sui rischi legati alla sicurezza, il rapporto sottolinea che non bisognerà ignorare il fatto che parte di loro potrà aver bisogno di assistenza psicologica per superare i traumi subiti al fronte e che altri potrebbero essere reclutati dai gruppi criminali.

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