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Usa: nozze gay, Texas sfida sentenza Corte Suprema

29 giugno 2015 | 13.30
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Venerdì la storica sentenza

Casa Bianca illuminata con l'arcobaleno dopo la sentenza delle Corte  Suprema (Foto Infophoto)
Casa Bianca illuminata con l'arcobaleno dopo la sentenza delle Corte Suprema (Foto Infophoto)

Il Texas sfida la sentenza della Corte Suprema con cui, la scorsa settimana, sono stati legalizzati i matrimoni gay in tutti gli Stati Uniti. L'attorney general, Ken Paxton, ha infatti esortato i funzionari pubblici e magistrati preposti a firmare i certificati di matrimonio a non farlo se hanno obiezioni religiose contro le unioni tra lo stesso sesso. Ma quello di Paxton non è stato solo un invito all'obiezione di coscienza, ma un vero attacco frontale alle sentenza di sommi giudici definita "una decisione senza fondamenti legali".

"Noi riteniamo che nonostante abbia inventato un nuovo diritto costituzionale, la Corte Suprema non abbia ancora diminuito, abolito o messo in dubbio i diritti garantiti dal primo emendamento che permettono il libero esercizio della propria religione", ha detto ancora il l'attorney general texano. Dallo stato ultra conservatore quindi arriva una linea di resistenza alla legalizzazione delle nozze gay che potrebbe fare scuola tra gli altri 14 stati che fino a venerdì scorso, giorno della storica decisione della Corte Suprema, non le consentivano.

Immediata la reazione e le critiche da parte delle associazioni gay che ritengono la mossa un modo per condurre azioni discriminatorie sotto il manto della libertà religiosa.

"I funzionari pubblici non hanno il diritto costituzionale o legale di fare discriminazioni nel fornire un servizio - ha detto Shannon Minter, direttore legale del National Center for Lesbian Rights - questa opinione è sbagliata e non aiuta i funzionari pubblici che dovrebbero avere linee guida chiare su come debbano seguire la legge e garantire certificati di matrimonio a tutte le coppie qualificate ad averli".

In effetti, lo stesso Paxton riconosce la debolezza, dal punto di vista legale, dell'obiezione di coscienza che lui esorta ad esercitare, consapevole che in assenza di altri colleghi disposti ad officiare il matrimonio, i funzionari obiettori sarebbero esposti a denunce.

Ma, conclude il repubblicano manifestando quindi l'intento tutto politico della sua presa di posizione, "vi sono numerosi avvocati pronti a rappresentare funzionari pubblici che difendono i propri valori religiosi, in molti casi pro bono, e io dal mio ufficio farò tutto il possibile per dare voce pubblica a chi si schiera a difesa dei propri diritti".

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