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Spazio: la bimba di 11 anni che diede il nome a Plutone

16 luglio 2015 | 12.22
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Spazio: la bimba di 11 anni che diede il nome a Plutone

E' stata una bambina di undici anni a ideare il nome per Plutone. Come ogni altro giorno, la mattina del 14 marzo del 1930 Venetia Burney stava facendo colazione nella sala da pranzo della casa in cui viveva a Oxford, mentre il nonno Falconer Madan sfogliava il Times. A pagina 14 del quotidiano, veniva data la notizia della scoperta di un nuovo pianeta ai confini del sistema solare. Madan lesse l'articolo ad alta voce.

Venetia, che aveva studiato astronomia a scuola e costruito modelli del sistema solare nel parco dell'università, e amava molto la mitologia, pensò al nome giusto quando il nonno si chiese ad alta voce come sarebbe stato nominato il nuovo corpo celeste. "Ce lo siamo chiesto tutti, e poi io ho detto, 'perché non chiamarlo Plutone? E tutto è iniziato così", ha ricordato Venetia nel documentario, "Dare il nome a Plutone". Aveva pensato al dio greco dell'Ade e negli anni successivi non ha mai nascosto il suo fastidio per l'idea che il nome fosse stato scelto in onore del personaggio di Walt Disney che debuttò proprio quell'anno.

Falconer Madan, che prima di andare in pensione era stato il direttore della Bodleian la biblioteca più importante di Oxford, parlò dell'idea della nipote a un amico astronomo che subito rispose, "Plutone è un nome eccellente!!!!". E telegrafò (nessuna posta elettronica ai tempi) l'idea ai suoi colleghi dell'osservatorio dell'Arizona in cui era stata fatta aveva la scoperta e che poi hanno votato all'unanimità in favore del nome scelto da Venetia, che il nonno premiò con cinque sterline, dall'altra parte dell'Oceano. Settantacinque anni dopo, il declassamento di Plutone che nulla ha tolto al lavoro degli astronomi, alla creatività della piccola Venetia e a tutti coloro che hanno lavorato in questi anni alla navetta New Horizon che lo fa fotografato.

Il primo a fotografare Plutone era stato, quasi un secolo fa, Percival Lowell, un bizzarro astronomo americano convinto anche che gli alieni avessero costruito i canali di Marte e per questo era tenuto ai margini della comunità scientifica. Lowell era anche convinto dell'esistenza di un altro pianeta ai margini del sistema solare, il cosiddetto Pianeta X di cui si parlava sin dagli anni quaranta dell'Ottocento. Usando un telescopio in prestito e una macchina fotografica rudimentale, passò più di dieci anni a fotografare il cielo notturno.

Nella primavera del 1915, la macchina di Lowell trovò quello che stava cercando: due tenui immagini di una piccola sfera di roccia. Ma per ragioni che nessuno ha mai capito non riconobbe il significato di questi segni o forse non ebbe il tempo di guardare le immagini. Morì l'anno successivo e nessuno si preoccupò delle foto che aveva raccolto.

Le ricerche del pianeta ripresero nel 1929, quando il figlio di contadini del Kansas autodidatta Clyde Tombaugh fu ammesso all'osservatorio di Flagstaff, in Arizona, che Lowell aveva fondato. Al suo arrivo fu incaricato di lavorare sulle ricerche di Lowell. Dopo quasi un anno, trovò quello che cercava, quello che aveva cercato Lowell. Dopo una settimana di ricerche insieme ai suoi colleghi, la conferma della validità della sua scoperta e l'annuncio, il 13 marzo del 1930. (Venetia, che sarebbe diventata insegnante e astronoma dilettante morì nel 2009)

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