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Libia, Salem (Tobruk): "Spero che ostaggi italiani siano liberi in 2 settimane"

12 ottobre 2016 | 17.58
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(AFP PHOTO) - (AFP PHOTO)
(AFP PHOTO) - (AFP PHOTO)

Bruno Cacace e Danilo Calonego, i due italiani rapiti il 19 settembre nei pressi di Ghat, una città-oasi del Fezzan, nella Libia sudoccidentale, vicino al confine con l'Algeria, potrebbero essere liberati nel giro di "due settimane". Lo sostiene Oun Ibrahim Salem, segretario generale delle Forze armate libiche al Parlamento di Tobruk, che oggi pomeriggio ha partecipato ad un incontro dedicato alla Libia organizzato nella sede del Parlamento Europeo, a Bruxelles, dall'europarlamentare spagnolo del gruppo Alde Javier Nart (del partito Ciudadanos). 

"Abbiamo parlato di attività illegali e movimenti - ha risposto Ibrahim Salem, alla domanda se disponga di informazioni sulla sorte dei due cittadini italiani - intorno al confine tra Libia e Algeria. C'è molto movimento in corso laggiù e ci sono atti di illegalità: prendono anche ostaggi, inclusi libici facoltosi". 

"Stiamo lavorando con i servizi di intelligence italiani e, secondo le informazioni che abbiamo - ha continuato - sembra che il luogo sia la regione in cui queste persone sono state rapite. Penso che sia stato chiesto un riscatto per loro. I negoziati apparentemente sono in corso. Colloqui stanno avendo luogo e spero che otterremo qualche informazione in più a breve e, sperabilmente, in due settimane saranno liberati. Questa è la situazione al momento".

Intanto, dopo l'audizione di questo pomeriggio del generale Giovanni Caravelli, numero due dell'Aise, non c'è nessun riscontro alle notizie che arrivano dall'Algeria, rilanciate da un organo di informazione online - che cita fonti della sicurezza algerina - secondo cui i rapitori avrebbero chiesto un riscatto di quattro milioni di euro per il rilascio degli ostaggi.

La nostra intelligence, al lavoro per la vicenda degli italiani Cacace e Calonego, non conferma dunque la notizia. Le stesse fonti hanno parlato di un gruppo composto da libici e algerini e guidato dall'algerino Abdellah Belakahal, che avrebbe minacciato di consegnare gli ostaggi ad al-Qaeda o a una cellula dello Stato islamico se il riscatto non sarà pagato.

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