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Trump firma il Travel Ban 2.0, cosa salta e cosa rimane del vecchio

06 marzo 2017 | 19.26
LETTURA: 3 minuti

(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

Donald Trump alla fine ha firmato il "Travel ban 2.0", una versione, riveduta e corretta, del controverso decreto sull'immigrazione che ha fatto esplodere proteste in tutta l'America e poi è stato bloccato dall'intervento dei giudici. Cercando di salvare il messaggio politico, cioè il mantenimento della promessa elettorale di uno stop agli immigrati a rischio terrorismo che per molti è un vero e proprio 'muslim ban', l'amministrazione Trump ha ridimensionato, e riordinato, il magmatico decreto del 27 gennaio, frutto principalmente dell'ideologo Stephen Bannon, nel tentativo di 'blindarlo' e permettere una sua effettiva applicazione.

Nel nuovo ordine ("Per proteggere la nazione dall'ingresso di terroristi stranieri") si fa riferimento al fatto che "l'applicazione dell'ordine esecutivo 13769 è ritardata da una disputa legale". Ma poi il presidente riafferma di "imporre un temporaneo stop ai cittadini di Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen" dal momento che "il rischio di permettere l'ingresso di un cittadino di questi Paesi intenzionato a compiere atti terroristici o minacciare la sicurezza nazionale è elevato in un modo inaccettabile".

Come era già stato anticipato, è quindi sparito dalla lista l'Iraq, soprattutto a seguito dei colloqui che Rex Tillerson e Mike Pence hanno avuto con il governo di Baghdad, che hanno spinto a indicare nel nuovo testo che "l'Iraq è un caso speciale".

Nel nuovo testo viene poi esplicitamente chiarito - cosa che il decreto originale non faceva - che "nessun visto da immigrato o di altra natura emesso prima dell'effettiva entrata in vigore dell'ordine potrà essere revocato". Questa ambiguità, insieme al fatto che l'entrata in vigore del decreto di gennaio fu immediata - mentre invece ora è stata fissata per il 16 marzo - provocò il caos, le centinai di detenzioni anche di persone che avevano il visto e la green card che hanno fatto esplodere le proteste in America ed all'estero.

Nel nuovo decreto rimane comunque il nocciolo politico della misura: cioè l'idea di vietare, per 90 giorni, l'ingresso nel Paese dei cittadini di 6 Paesi che sono "sponsor di terrorismo, o compromessi in modo significativo da organizzazioni terroristiche o comprendono zone di conflitto attive". E nel decreto si cita l'ultimo rapporto sul terrorismo del dipartimento di Stato "che dimostra perché i cittadini di questi paesi continuano a rappresentare un alto rischio per la sicurezza del Paese".

Viene confermato poi lo stop per 120 giorni al programma di inserimento dei rifugiati che in ogni caso, una volta ripreso, sarà dimezzato rispetto allo scorso anno, passando da 110mila a 50mila accoglienze. E' stata però abolita la misura che avrebbe accesso prioritario alle minoranze religiose, come i cristiani in Medio Oriente, una volta ristabilito il programma di ingresso dei rifugiati. Misura che era stata considerata la prova che quello della Casa Bianca fosse un 'muslim ban". Come è sparita anche quella che bandiva i rifugiati siriani a tempo indeterminato.

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