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Trump come Nixon, il nuovo Watergate che fa tremare la Casa Bianca

15 giugno 2017 | 16.07
LETTURA: 4 minuti

Dustin Hoffman e Robert Redford in una scena del film 'Tutti gli uomini del presidente'
Dustin Hoffman e Robert Redford in una scena del film 'Tutti gli uomini del presidente'

di Federica Mochi

"Non lascerò la Casa Bianca". Forse ne era davvero convinto Richard Nixon, quando pochi mesi prima di annunciare il suo addio al 1600 di Pennsylvania Avenue si rivolgeva così alla stampa, cercando di trovare un argine al fiume di notizie legate al Watergate che lo stava trascinando alla deriva. Allora probabilmente già sapeva, o forse fingeva di ignorare, che lo scandalo l'avrebbe portato presto all'impeachment, costringendolo, nell'agosto del 1974, ad annunciare le dimissioni. Ora che il procuratore speciale per il Russiagate, Robert Mueller ha avviato un'indagine nei confronti di Donald Trump per ostruzione alla giustizia, l'ombra di Nixon sembra tornata a proiettarsi sul presidente statunitense, riportando a galla scenari che sembravano sommersi nel passato.

In queste ore è stato facile per i cronisti accostare la vicenda di Trump a quanto accadde la sera del 20 ottobre 1973, durante quello che passò alla storia come 'il massacro del sabato sera', e che qualche anno più tardi trovò spazio sul grande schermo nella pellicola di Alan J. Pakula, 'Tutti gli uomini del presidente'. Tra il Russiagate e il Watergate c'è in effetti qualche parallelismo, messo in evidenza dai quotidiani d'Oltreoceano, come fa il 'New York Times', che ha bollato il confronto con Watergate come "inevitabile".

"Quando il procuratore speciale Cox - scriveva qualche settimana fa il quotidiano statunitense - chiese a Nixon le copie dei nastri della Casa Bianca, il presidente ordinò che fosse licenziato". Allora, ricorda il quotidiano, sia il procuratore generale Ellior Richardson, sia il suo vice William Ruckelshaus, si rifiutarono e furono costretti alle dimissioni. A rispettare l'ordine impartito da Nixon pensò un avvocato generale, Robert H. Bork, che licenziò in tronco Cox. Fatto che permise a Nixon di prendere tempo.

Facile per i democratici vedere dei parallelismi tra i due presidenti. "La vicenda è nixoniana", ha commentato il senatore democratico Bob Casey, a proposito del Russiagate. Anche un fedelissimo di Trump, Roger J. Stone Jr., ha ipotizzato una connessione tra le due vicende durante in un'intervista, mentre prendeva le parti del tycoon. "Da qualche parte Dick Nixon sta sorridendo", ha detto Stone, che vanta un passato nelle fila di Nixon. "La credibilità di Comey è stata colpita - ha poi aggiunto - L'ironia è che Trump lo ha guardato affrontare l'indagine su Hillary Clinton e quando è emerso il Russiagate ha deciso che era giunto il momento di sbarazzarsi lui".

Certo, come Nixon, Trump sembra non aver esitato a usare i suoi poteri per fare fuori una persona 'poco gradita', visto che James Comey stava indagando su un caso che, se accertato, coinvolgerebbe Trump in prima persona. Eppure, il Russiagate appare ancora lontano dal Watergate, che scosse gli Stati Uniti dal 1972 al 1974, rappresentando uno scandalo politico senza precedenti.

Chi minimizza, intanto, sono i giuristi, che qualche settimana fa hanno ricordato che il licenziamento di Comey, che Trump aveva tutto il diritto di ordinare, potrebbe essere considerato parte dell'intralcio alla giustizia solo se verrà provato l'intento di voler insabbiare il caso. Se gli esperti legali frenano nell'indicare il tortuoso percorso necessario a provare un crimine difficile da verificare, ovviamente sono diversi i toni dell'opposizione democratica che parlano ormai di impeachment certo. Nel frattempo, il 'Washington Post' ha ricordato che durante Watergate la Corte Suprema stabilì che il diritto del presidente e di altre alte cariche dell'esecutivo di non rivelare determinate informazioni non può essere usato in caso di inchieste penali.

Mentre c'è chi azzarda un parallelismo nei toni e nelle asserzioni dei due presidenti, lo stesso non può dirsi per i mezzi a loro disposizione. Nixon si rifugiò dietro la famosa frase, "I'm not a crook", "Non son un imbroglione", pronunciandola di fronte a 400 editori dell'Associated Press riuniti al Walt Disney World in Florida, mentre Trump continua a manifestare le proprie inquietudini a suon di tweet.

"Si sono inventati una falsa storia di collusione con i russi, trovato zero prove, quindi adesso hanno scelto l'ostruzione alla giustizia come storia falsa - ha cinguettato il presidente americano, riferendosi alla notizia dell'indagine a suo carico. "State assistendo - ha quindi aggiunto in un altro post - alla più grande caccia alle streghe nella storia politica americana - condotta da alcune persone molto cattive e in conflitto".

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