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Usa, entra in vigore il 'travel ban' di Trump

30 giugno 2017 | 10.18
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(Afp)
(Afp)

E' entrato in vigore alle 20 ora di Washington (le 2 in Italia) il 'travel ban' del presidente americano Donald Trump, parzialmente riattivato dopo la decisione della Corte suprema che lunedì scorso ha deciso di volersi pronunciare sulla legittimità costituzionale. L'operatività del bando prevede che potranno entrare sul suolo americano soltanto i cittadini di Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen che dimostreranno di avere un legame legittimo negli Stati Uniti, vale a dire un ricongiungimento famigliare, un interesse lavorativo, la relazione con qualche organizzazione americana (in primis ragioni di studio). Per questi varranno le normali – e già rigide – procedure d’ingresso.

Gli altri resteranno fuori, e l’ordine esecutivo di Trump resterà in vigore in questa forma almeno fino a ottobre, quando i giudici della Corte esprimeranno il proprio parere sulla costituzionalità del provvedimento, ossia cercheranno di capire se è in contrasto col Primo Emendamento, quello che garantisce la libertà religiosa.

RICORSO - Parte ancora una volta dalle Hawaii un ricorso legale contro il travel ban, anche nella versione ridotta "sdoganata" della Corte Suprema. Le autorità dello stato insulare hanno infatti presentato un ricorso contro le linee guida del dipartimento di Stato perché violerebbero le indicazioni date dalla Corte Suprema finendo per bandire dagli Stati Uniti individui che hanno effettivamente parenti stretti nel Paese.

L'amministrazione Trump, che da ieri notte applica la misura, ha dato un'interpretazione molto stretta della "bona fide relationship" per quanto riguarda i legami familiari, escludendo nonni, zii, cugini ed in un primo momento anche fidanzati, su cui poi c'è stato un ripensamento.

"Nelle Hawaii consideriamo 'parenti stretti' molte delle persone che il governo federale intende escludere dalla definizione - ha dichiarato l'attorney general Douglas Chin - sfortunatamente questa grave limitazione delle definizione potrebbe essere una violazione della sentenza della Corte Suprema".

Nella mozione al giudice federale si chiede quindi di intervenire contro le linee guida dell'amministrazione Trump, rivendicando il diritto dello stato delle Hawaii di poter continuare a "proteggere i residenti dello stato ed i loro cari da un ordine esecutivo illegale ed incostituzionale". La Corte Suprema, che ha rimandato al prossimo ottobre il vaglio sulla costituzionalità del travel ban nel suo intero, non ha fornito delle indicazioni specifiche su quelle che considera "bona fide relationship".

Lo scorso marzo le Hawaii sono state il primo stato a bloccare la seconda versione del travel ban, considerato un muslim ban e quindi per questo incostituzionale, con una posizione appoggiate poi il 15 marzo da una sentenza di un giudice federale, che ha avviato i ricorsi d'appello che hanno sempre confermato lo stop dell'ordine esecutivo, ritenendolo discriminatorio verso i musulmani.

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