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Chi è Mladic, il macellaio di Bosnia

22 novembre 2017 | 13.10
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(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

Il macellaio di Bosnia, il boia spietato. Lo chiamavano così Ratzko Mladic, l'ex comandante delle truppe serbo-bosniache che attaccarono Srebrenica nel 1995, compiendo il più atroce massacro che l'Europa ricordi dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Ex braccio armato del presidente serbo-bosniaco Radovan Karadzic, Mladic è stato condannato oggi dal Tribunale internazionale dell'Aia per i crimini compiuti nella ex Jugoslavia e dovrà scontare l'ergastolo per crimini contro l'umanità e genocidio.

Occhi di ghiaccio e sguardo aguzzo, l'ex generale che dal 1991 al 1995 piegò Sarajevo 'ripulendo' la Bosnia seguendo il disegno di Karadzic, oggi ha 74 anni e, come lamenta da tempo, non gode di buone condizioni di salute. Il suo nome, tristemente legato al massacro di Srebrenica, che causò più di 8mila morti, viene alla ribalta durante le guerre jugoslave: inizialmente come ufficiale di alto livello dell'Esercito Popolare Jugoslavo, poi come capo di stato maggiore delle forze armate dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina durante la guerra in Bosnia tra il 1992 ed il 1995.

A segnare la vita di Mladic, nato il 12 marzo 1943 a Božinovići, villaggio del comune di Kalinovik a sud di Sarajevo, sono due gravi lutti. Nel 1945 il padre viene ucciso dagli Ustascia, episodio che lo porterà a odiare ferocemente croati e musulmani. Mentre nel 1994 la figlia Ana viene ritrovata morta a Belgrado, forse per suicidio. Per alcuni la ragazza non avrebbe retto il peso degli orrori che il padre stava commettendo in Bosnia. La vicenda fu un duro choc per il generale.

Lucido e senza scrupoli, tra il 1992 e il 1995, le sue truppe compiono diversi massacri contro i civili, stuprano migliaia di donne musulmane. La stagione di violenze, però, culmina col massacro di Srebrenica. La città allora è una enclave creata dall'Onu a tutela della popolazione musulmano bosniaca ed è protetta da 850 caschi blu olandesi. Questi però non riescono a opporsi all'avanzata di Mladic e finiscono per consegnargli la città. Molti degli abitanti cadono nel disperato tentativo di opporsi all'attacco, diversi altri fuggono nei boschi. Quando le forze serbo-bosniache entrano a Srebrenica, gli uomini fra i 14 e i 65 anni vengono separati dal resto degli abitanti.

Molti vengono giustiziati senza pietà nelle piazze. Altri sono portati via a bordo di camion senza fare più ritorno. Si ritiene che siano stati uccisi nei boschi e sepolti in fosse comuni. Le donne, fra cui diverse vittime di stupri, abbandonano la città con i vecchi e i bambini e si dirigono a piedi verso Tuzla, dove arrivano dopo giorni di cammino. Secondo i dati ufficiali, le vittime del massacro furono 8.372, ma alcune stime arrivano fino a 10mila morti. A oggi sono state identificate oltre seimila salme. Circa 5mile vittime riposano nel memoriale del massacro a Potocari, dove ogni 11 luglio le donne di Srebrenica tornano a ricordare i loro cari.

Il 24 luglio 1995 Mladic viene accusato dal Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia insieme a Radovan Karadzic di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità e per aver attaccato la zona di sicurezza vicino a Srebrenica. Gli americani offrono una taglia di 5 milioni di dollari per catturarlo, e anche la Serbia intensifica la caccia alzando la ricompensa a 10 milioni. Mladic riesce a restare in libertà per 16 anni protetto ora dalle forze di sicurezza serbe ora da quelle serbo-bosniache, nonché dai suoi famigliari, fino a quando, nel 2011 viene arrestato a Lazarevo, in Serbia. La sua cattura era considerata come una precondizione affinché la Serbia potesse candidarsi a diventare membro dell'Ue.

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