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Miller, il falco anti-immigrati che sussurra all'orecchio di Trump

22 gennaio 2018 | 15.07
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Stephen Miller (Foto di  Gage Skidmore/Wikimedia)
Stephen Miller (Foto di Gage Skidmore/Wikimedia)

Uscito di scena Steve Bannon, ora i repubblicani del Congresso sembrano avere un altro obiettivo tra i consiglieri più ascoltati di Donald Trump. "Fino a quando Stephen Miller è alla guida dei negoziati sull'immigrazione, non andiamo da nessuna parte, è stato per anni una figura marginale", ha tuonato il senatore Lindsay Graham, accusando il consigliere del presidente di minare ogni tentativo di trovare un accordo con i democratici sulla questione degli immigrati che possa mettere fine allo shutdown.

L'attacco del senatore, che nelle ultime settimane si è avvicinato molto al presidente che aveva criticato per mesi, conferma come l'appena 32enne ex assistente del senatore Jeff Session - convinto assertore del pugno di ferro con i migranti che scrisse insieme a Bannon il testo del primo muslim ban, fatto entrare in vigore un anno fa con un vero e proprio blitz che paralizzò per giorni il traffico aereo negli Usa - sia uno dei consiglieri più ascoltati dal presidente su questo fronte.

Anche perché Miller è uno dei pochi sopravvissuti della squadra di oltranzisti della prima ora che nel corso dello scorso anno, Bannon in testa, sono stati licenziati o si sono dovuti dimettere. Tanto che c'e' chi lo descrive come una sorta di burattinaio che appronta e smonta accordi per un presidente che non comprende o non vuole comprendere i dettagli.

"C'è questa linea di pensiero che Miller sia la fonte del male e senza di lui tutto andrebbe bene", sintetizza Mark Krikorian, direttore esecutivo del Center for Immigration Studies, secondo il quale Trump ha una sua posizione visceralmente da falco sull'immigrazione. Quello che comunque è certo è che le posizioni anti-immigrati sono sempre stati l'ossessione centrale per Miller, sin dai giorni in cui il figlio di una famiglia ebrea liberal di Santa Monica si trasforma un attivista di gruppi di destra alla Duke University.

Un impegno politico che lo porta, giovanissimo, a lavorare per i repubblicani più conservatori a Capitol Hill, come la deputata Michele Bachmann, per poi entrare nel team di Sessions, giocando un ruolo cruciale nell'affossamento del tentativo di arrivare nel 2013 alla riforma sull'immigrazione chiesta da Barack Obama.

Insieme a Sessions, che poi divenne il primo e più entusiasta sostenitore della candidatura di Trump di cui è poi diventato l'attorney general, Miller riuscì a far bloccare alla Camera il testo di compromesso passato alla Camera. Naturale quindi il suo approdo alla Casa Bianca, al fianco del presidente eletto anche grazie alla promessa della costruzione del Muro e di milioni di rimpatri forzati.

Ai colleghi alla Casa Bianca, Miller assicura che il suo "unico obiettivo è ottenere quello che io so che il presidente vuole in un accordo legislativo sull'immigrazione", cioè lo spostamento da un sistema che favorisce gli immigrati con poca o nessuna qualificazione ed un sistema basato sul merito e la difesa dei confini.

E, riferiscono ancora dalla Casa Bianca, ultimamente Miller parla spesso con Trump di immigrazione, sia in occasioni ufficiali - come l'ormai famosa riunione durante la quale il presidente pronunciò l'infelice frase sui "shitholes countries" - che informali, viaggi a bordo dell'auto presidenziale, sull'Air Force One o a margine di eventi nello Studio Ovale.

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