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Facebook

La versione di Mark

22 marzo 2018 | 07.28
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MUST CREDIT: Bloomberg photo by Michael Short. - Bloomberg
MUST CREDIT: Bloomberg photo by Michael Short. - Bloomberg

Mark Zuckerberg rompe il silenzio e fa mea culpa sul caso Cambridge Analytica: "Io ho creato Facebook e io sono responsabile" ha detto ieri il fondatore del social network riferendosi alla vicenda della società di big data che avrebbe ottenuto informazioni su decine di milioni di utenti di Facebook a loro insaputa. "Abbiamo commesso errori, c'è molto da fare" ha spiegato il numero uno di Facebook in lungo post pubblicato sul proprio profilo: "Voglio condividere un aggiornamento sulla situazione di Cambridge Analytica, compresi i passi che abbiamo già compiuto e i prossimi che faremo per affrontare questa questione importante".

Mentre in rete rimbalza l'hashtag #deleteFacebook, ossia 'cancella Facebook', rilanciato anche dal cofondatore di Whatsapp, Brian Acton, Zuckerberg prova a correre ai ripari. "Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati e se non siamo in grado di farlo non meritiamo di offrirvi un servizio - ha sottolineato -. Ho lavorato per comprendere in maniera dettagliata cosa sia successo e come fare per evitare che questo accada di nuovo".

"La buona notizia - ha ammesso - è che le azioni più importanti per evitare che una cosa del genere si verifichi di nuovo sono state già intraprese anni fa. Ma abbiamo anche commesso errori, c'è ancora da fare: dobbiamo agire e farlo ora". Parlando della vicenda, Zuckerberg ha ricordato la storia di Aleksander Kogan "un ricercatore della Cambridge University" che nel 2013, "ha creato un'app con un quiz sulla personalità installata da circa 300mila persone che hanno condiviso i loro dati e quelli dei loro amici".

"Visto come funzionava all'epoca la nostra piattaforma - ha spiegato ancora Zuckerberg - Kogan era in grado di accedere a decine di milioni di dati degli amici" degli utenti. Dopo una modifica apportata nel 2014, però, questa azione non era più possibile: "App come quella di Kogan non potevano più chiedere i dati degli amici di un utente a meno che gli amici stessi non avessero autorizzato l'applicazione - ha spiegato Zuckerberg -. Inoltre abbiamo chiesto agli sviluppatori di ottenere la nostra approvazione prima di poter chiedere dati sensibili alle persone".

Nel 2015, ha ricordato il fondatore di Facebook, l'azienda scoprì dal 'Guardian' che Kogan aveva condiviso i dati raccolti con Cambridge Analytica. Un'azione che violava le policy di Facebook e che comportò la rimozione dell'app di Kogan. In quell'occasione, Zuckerberg chiese "a lui e a Cambridge Analytica di certificare in modo formale la distruzione di tutti i dati acquisiti in maniera inappropriata". Certificazioni che gli vennero fornite. Anche se ciò che accadde in seguito sembra dire il contrario.

"La scorsa settimana abbiamo appreso dal Guardian, dal New York Times e da Channel 4 che Cambridge Analytica potrebbe non aver distrutto i dati come dichiarato - ha osservato Zuckerberg -. L'abbiamo subito sospesa vietando la possibilità di usufruire dei nostri servizi. Cambridge Analytica sostiene di aver già distrutto i dati ed ha acconsentito ad una verifica forense da parte di una società a cui abbiamo conferito incarico. Stiamo anche collaborando con le autorità mentre indagano sull'accaduto".

Zuckerberg ha concluso il post facendo riferimento all'interruzione del rapporto di ''fiducia tra Kogan, Cambridge Analytica e Facebook". "Ma c'è stata anche una rottura nel rapporto di fiducia tra Facebook e le persone che condividono con noi i loro dati e si aspettano che li proteggiamo - ha aggiunto -. Dobbiamo sistemare tutto questo". Infine, il numero uno del colosso di Menlo Park annuncia una serie di misure per riguadagnare la fiducia dei propri utenti, tra cui un'indagine approfondita su ogni app dall'attività sospetta, l'eliminazione dell'accesso per le applicazioni non utilizzate e la riduzione dei dati forniti all'app (solo nome, foto profilo e indirizzo mail).

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